lunedì 3 novembre 2014

"Ora Santa in unione con Gesù agonizzante" di Don Dolindo Ruotolo

Nei giorni 23-24 aprile 1910, a Rossa­no Calabro, il Padre Dolindo Ruotolo, dietro particolare ispirazione di Gesú, scrisse la presente « Ora santa in unio­ne con Gesù agonizzante ». Mons. Maz­zella, Arcivescovo di Rossano che la lesse, disse che era « piena di luce». E veramente è piena di luce perché ci aiu­ta a penetrare per quanto è possibile il mistero di Cristo, Uomo-Dio, coperto delle nostre miserie e peccati.
Eccola interamente:

Gesù all'anima:
Amami, anima cara!

Anima mia cara, che vieni a me da­vanti per contemplare le mie agonie, guarda il tuo Gesù tutto amore per te, e mettiti nel suo Cuore adorabile per sentirne i palpiti dolorosi, per gustare con lui le amarezze e le agonie di amo­re e di pene che provò.

Entra nel mio Cuore, anima cara, con un atto di assoluta dedizione a me.

Me la dai la tua libertà, il tuo amore, il tuo essere?

Oh, quando tu rinunzierai totalmente a te stessa, allora sì che mi entrerai nel Cuore, ed io, unito a te nell'intimità del­l'amore, ti farò sentire le amarezze del­l'anima mia, le amarezze del mio Cuore.

O anima mia cara, sai perché io volli agonizzare per te? Sai perché volli sof­frire trepidazioni di morte e rattristarmi sino all'estremo confine e spasimare si­no a venir meno di angoscia?

O anima cara, tu vaghi troppo in te e fuori di te... solo me devi cercare, ed io spasimai per meritarti le sante impa­zienze dell'amore, gli slanci generosi dell'affetto disinteressato...

Amami dunque, anima cara, se vuoi cominciare a compatire le mie agonie e sollevarle.

Ho agonizzato per amore... Amami dunque e la mia agonia si cangia presto in estasi di contentezza, ed io esulto nel­l'amore di chi mi ama.

Amami, e tu mi farai riposare sul tuo cuore, ed io lo troverò puro, perché l'amore l'avrà fatto candido, lo troverò ricco, perché l'amore vi ha attirato la grazia abbondante di Dio, lo troverò de­lizioso, perché esso sarà come il pro­fumo dei miei dolori, il frutto bello del mio sangue.

Amami, anima cara... L'amore mi sol­leva, l'amore mi rianima, l'amore è l'an­gelo che mi consola e pure mi fa accet­tare a bere il calice del dolore... Amami!

Anima mia, sai tu chi è Dio? Guardami ora nell'orto degli ulivi... solo... abbandonato da tutti!

Le tenebre mi circondano, e più che le tenebre, mi circonda l'orrore della col­pa. Una creatura che si ribella a Dio, che, mentre da Lui partecipa ogni bene, non lo cura! Una creatura che si rende fine a se stessa, che travolge l'ordine amoroso di Dio che la faceva libera ed intelligente...

L'anima mia ne è triste sino alla morte!

Io rimasi impietrito dal dolore, Io su­dai sangue.


Anima mia, sai tu che cosa è Dio?

Hai mai contemplato l'ordine ammirabi­le del suo essere infinito, la sua stermi­natezza, le sue perfezioni?

Dio!... Pondera questa parola che in sé raccoglie tutto,... tutti,... il passato, il presente, il futuro, il possibile,... tut­to,... l'Infinito!

Hai contemplato mai la natura? Mira quante opere diverse, quanta squisitez­za di forme, quanta ricchezza di vita e di forze...: essa è uno scherzo delle ma­ni di Dio!

Hai mai contemplato l'intelligenza? Quanta estensione nel più piccolo spa­zio, quanta profondità nell'impercettibi­le, quanta semplicità nelle concezioni. Essa è un pallido riflesso del soffio crea­tore di Dio!

Hai contemplato mai la santità, la gra­zia? Quante azioni mirabili che armo­nizzano il finito all'Infinito che elevano la miseria allo splendore supremo! Quanta fecondità di azioni, quanta ric­chezza di opere mirabili, e quale termine diretto a tante operazioni: la gloria eterna, il possesso di Dio.

Eppure, questo assieme di purità, di elevazioni di santità, è pallida ombra che sembra macchia al confronto dell'in­finita santità di Dio.

Hai contemplato mai il Sacerdozio? Il rappresentante di Dio, l'essere rive­stito della sua autorità, l'essere arric­chito di Dio! È grande, sì, ma non è in­finito, è grande, ma non è Dio.

Dio, Dio, Dio mio, che cosa sei tu dunque?

Sei quello che sei, bellezza mia, sei tutto, sei Dio!

Ed io ho conosciuto gli infiniti se­greti di Dio, ed io ne ho apprezzato convenientemente la bellezza, la santi­tà, la gloria, la infinità!

Tu ardi, anima mia, a queste sole pa­role, il tuo cuore irrequieto vorrebbe slanciarsi in Dio. Tu ne senti la bel­lezza.

Immaginati di uscire dal fango che ti riveste, elevati sulle tenebre della ter­ra, guarda la inaccessibile luce di Dio.

Dio mio, tu mi rapisci il cuore, tu sei bello, tu sei santo, io ti amo!

Dio, Dio mio, che cosa posso fare io per darti gusto? Io ti amo!

Distruggi il mio essere, mio Dio, as­sorbi il mio nulla in te! Amore mio, bel­lezza mia, Dio mio! Vorrei distruggere il mio essere, farlo rivivere, e poi strug­gerlo nuovamente per te che sei quello che sei! Dio mio, ti amo!



...e vidi un tentativo innominabile di menomare Dio

Tu ti slanci, anima mia, eppure, quale conoscenza hai tu del tuo Dio?

Tu lo vedi velato, tu lo scorgi un enig­ma. Dimmi, sentiresti tu pena, se sen­tissi insultare il tuo Dio mentre ti slanci in Lui?

Oh! io contemplai Dio in se stesso e non in enigma, e vidi tutta la sua in­finità, in tutta la miseria della creatura.

Scorsi nella loro realtà le relazioni del necessario col contingente, del par­tecipato con l'Infinito... e poi vidi tutta l'empietà di questa creatura, e vidi un tentativo innominabile di menomare tan­ta infinità, e vidi Dio offeso dalla creatura che dovrebbe amarlo, perché intel­ligente e libera.

L'anima mia fu triste sino alla morte! Io, sapienza del Padre, ordine essen­ziale, non potevo che rimanere oppres­so da vista sì mostruosa. La mia uma­nità fu come oppressa, fu schiacciata.

Io sudai vivo sangue.

Anima che mi sei cara, guardami ora accasciato; bocconi per terra io gemo; un'oppressione di morte mi toglie la vita. Io non ne posso più!

Padre mio - Io esclamai - se è possibile passi da me questo calice amaro. Padre mio, passi da me! Io sono il tuo Figliuolo diletto nel quale ti sei compiaciuto, Io ho formato la delizia del tuo sguardo infinito; Io sono l'armonia più bella che ti diletta!

Suoni perenne questa armonia, e di­letti il tuo cuore di amore. Padre mio, è possibile che questo doloroso contra­sto: "una creatura tua iniqua, al tuo co­spetto" è possibile che debba verifi­carsi in me?

Tu mi carichi dunque di questa ini­quità, tu metti in me come la sintesi del massimo dei disordini, ed Io debbo divenire per te oggetto di abominio, e lo sguardo tuo infinito non vedrà più in me bellezza, ordine, santità, amore, ma vedrà ombre di morte, orrore di colpa?

Dio mio, passi da Me questo calice amaro; però non sia fatta la mia volontà ma la Tua!

Ed Io rimasi oppresso sotto questo inaudito peso di pene, e mi levai e corsi dai miei cari discepoli, perché essi al­meno avessero fatto atti di amore, per­ché essi almeno fossero apparsi al Pa­dre mio oggetto di gioia e di amore.

Essi dormivano!

Io li svegliai e li esortai a pregare, ma... il cuore loro dormiva.

Ritornai mesto al posto del mio do­lore, e novelle angosce di morte mi op­pressero.

Io vidi in me la qualità di Redentore, e vidi che la Redenzione doveva essere consumata nel dolore e nella morte.

Chi mi avrebbe dato la morte? Una creatura di quelle che io predilessi ed amai... un mio discepolo.

Tre anni di sudori e di pene per for­marlo, tre anni di benefici e di amore,... eppure fu figlio di perdizione.

Chi poteva dare un omaggio al Padre mio in quel doloroso momento? Quegli che io educai ai palpiti del mio Cuore, contrattò la mia morte. Gli apostoli dor­mono, Io gemo fra gli orrori di morte!

Oh, agonia penosa! Oh, spasimo del mio cuore tutto pene e tristezza!

Anima mia cara, veglia tu almeno per me, piangi con me, gemi con me! Sorgi almeno tu, deponi il lurido am­manto delle colpe, ama il tuo Dio. Anima mia cara, vieni sul mio Cuore. Senti che palpiti angosciosi, che stret­te di morte... piangi con me!

Io gemerò di angosce, tu gemi di amo­re; io rimarrò schiacciato dal manto del­le iniquità umane che mi riveste, tu de­poni in me le tue miserie e slanciati a Dio.

Ama il tuo amore, su, anima cara. Amore io voglio per un Dio che è amo­re, amore per un Dio che ti dà la più bella prova di amore.

Amore! Elevati, slanciati, brucia, con­sumati. Amore!

L'anima:
O Gesù, sono tua, tutta tua, tutta tua. Gesù, sono sul tuo Cuore appassionato, io ti amo! Gesù ti bacio, come sei bello!

Ecco il mio cuore, modellalo tu: ti amo!

Ecco la mia libertà, dirigila tu: ti amo!

Ecco il mio essere, assorbilo in te solo: ti amo!

Gesù, che cosa vuoi da me? Tutto ti cedo. Devasta il mio cuore, Tu non devi trovare più ostacoli nella mia libertà: te l'ho ceduta.

Dunque, mio Gesù, sia totale la tua azione nel mio cuore. Vuoi pungerlo con le spine? Eccolo, tormentalo, mio Gesù. Vuoi riempirlo di angosce, di trepidazio­ni, di aridità, di affanni? Eccolo, mio Gesù! Gesù, riversa nel mio cuore le tue pene, tutte le voglio; io non voglio vederti soffrire.

Come sarò felice spasimando per te!


Gesù:

Oh, se io ti svelassi l'orrore della colpa!

Il mio Cuore oppresso da ambasce di morte restò come impietrito. La Divini­tà lo lasciò a sé stesso nell'oscurità delle ombre della morte, del peccato, ed Io, solo, mi vidi come peccatore, mi sentii l'abominio del Padre. Il peccato mi circondò e le funi dell'inferno mi as­sieparono e sul mio dorso fabbricarono addirittura i peccatori la loro iniquità.

Io mi sentii come nemico di Dio, men­tre il mio Cuore voleva consumarsi in Suo omaggio. Fui inaridito in me stesso e non gustai che il fiele amaro e sozzo della colpa. L'anima mia fu triste sino alla morte.

Fu allora che Io ripetetti la terza vol­ta la preghiera al Padre: « Padre, se è possibile, passi da me questo calice amaro, però non sia fatta la mia ma la Tua volontà!

Io sentivo che quelle agonie di morte erano atti di omaggio a Dio, ma questo sentimento era oppresso e come nasco­sto dal peso del peccato, e per questo, non potendo fare altro, Io mi gettai nelle braccia della misericordia di Dio, della bontà di Dio: « Padre, non la Mia, ma la Tua volontà sia fatta! ».


Il calice delle sofferenze è un reale conforto per l'anima mia

Anima mia cara, questa è l'unica, è l'acerba, è l'infinita pena: il peccato che pesa sull'anima nella sua evidenza com­pleta!

Oh, se Io ti svelassi l'orrore della colpa e la facessi pesare sul tuo cuore nel momento nel quale è più innamora­to di me, tu moriresti di spasimo! Ep­pure, anima cara, tu non hai idea di quello che significa amore totale e com­pleto per Dio!

Così Io, vile ai miei sguardi, contraf­fatto, oppresso, agonizzavo, volevo of­frire a Dio un omaggio di amore, volevo essere annientato per testificargli un amore totale, ed ecco che viene l'ange­lo del cielo che mi conforta. Egli mi offre il calice amaro dei miei dolori. Io vedo tutto l'orrore di quelle pene, tutto l'insieme di quegli spasimi, ma questa vista è un reale conforto per l'anima mia.

Io veggo in quei dolori la gloria di Dio: l'umanità riscattata da quella col­pa che sì orribilmente mi pesa sul cuo­re; l'umanità messa nella condizione di offrire a Dio un omaggio puro di amore disinteressato ed ispirato solo all'infini­ta bellezza e perfezione di Dio, e que­sto è un conforto immenso al mio Cuore.

Io mi levo perciò con coraggio, sve­glio i miei apostoli per partecipare loro questa gioia spasimante: « Sorgete, an­diamo, ecco che già viene chi mi tradi­sce, è giunta l'ora mia. Dormite e ripo­satevi, ho trovato il conforto alle mie agonie di morte; chi mi tradisce si ac­costa, si preparano per me i flagelli, i dolori, gli spasimi atroci; sorgete, andiamo!


L'anima:

O Gesù, fammi tua vittima di amore!

O Gesù caro, è conforto dunque per te lo spasimo atroce dei tormenti e della pena, dei flagelli, delle spine, de­gli insulti, della croce! È conforto il do­lore più grave che siasi mai sofferto nel mondo... Tu lo hai detto, o Gesù caro: «Attendete e vedete se vi è un dolore simile al mio!». Ah, ora comprendo qua­le male è il peccato, se i dolori più gravi sono conforto per te, Gesù mio, in confronto ai dolori che ti recò la colpa!

O Gesù, perché non mi dai la morte prima di offenderti anche menoma­mente?

Gesù, fammela questa grazia, io non ti voglio più dispiacere!

Sei troppo bello, mio Gesù, troppo bello perché io debba contristare il tuo Cuore.

Gesù, ti cedo me stessa novellamen­te, la mia libertà, tutto.

Gesù, amareggiami tu, guidami tu, ve­gli tu sul mio cuore!

Gesù, sono tua, tutta tua, non mi separare da te mai, mai, mio Gesù.

Gesù, fammi tua vittima di amore, espia in me almeno una colpa sola, io voglio togliere dal tuo Cuore le ama­rezze alle pene.

Gesù, immolami per te. Sorgi dall'agonia, mio Gesù, mi metterò io al posto delle tue angosce mortali.

Gesù caro, nasconditi nel mio cuore. Tu lo brucerai di amore, tu l'arricchirai di te, ed io soffrirò ricca di te, soffrirò amandoti, soffrirò struggendomi per te!

Gesù caro, cosa vuoi da me? Non la mia volontà, ma la tua sia fatta; la tua che è santa, non la mia che è misera­bile, la tua che è rettitudine infinita, non la mia che è egoismo, la tua che è tutto, non la mia che è meno di nulla.

Oh, come riposo bene sul tuo Cuore, o Gesù! I palpiti tuoi mi conquidono, io sono tua. Oh, sante amarezze sofferte per il mio Gesù, come siete dolci!

Gesù mio, ti stringo di più al mio cuore, pungimi con le tue spine. Gesù, nasconditi da me, io voglio cercarti sempre, voglio spasimare sempre per te, voglio amarti perché sei degno di amore!


Gesù:

Diedi all'anima mia l'evidenza di quel che doveva soffrire

Raccogliti un altro momento vicino a me, anima cara. Guardami tutto cospar­so di sudore di sangue, come distrutto dalla mia pena, stretto nel torchio; l'ani­ma mia è triste, ma è risoluta.

Io sarò stretto da ogni parte da ago­nie di morte, i tormenti che mi attendo­no sgomentano i miei sensi, ed un pro­fondo senso di ripugnanza mi assale.

Io ero uomo e Dio. Come uomo sve­gliai in me in quel momento tutte le in­clinazioni naturali: l'amore alla vita, la ripugnanza al dolore, l'abbattimento, il disgusto. Allora quel nero apparato di pene, più che l'anima, oppresse il mio corpo. Non era un timore ma un'eviden­za, ed io soffrivo prima ancora che gli insulti, i flagelli, le spine e la croce avessero fatto scempio del mio corpo.

Volendo dare a Dio un omaggio com­pleto, totale, diedi all'umanità mia i più ampi lumi, anzi l'evidenza di quello che doveva soffrire, perché non una fibra sola si sottraesse al sacrificio completo. Si suscitò allora in me quel disgusto, quell'amarezza che impietrisce, che ren­de come immoti nel massimo dolore: Io soffrii come in una sintesi completa tutta la passione!

Fu allora che si udì nell'orto un fra­gore di armi, ed una turba armata mi circondò da ogni lato. Da quel gruppo si partì uno: Io ne conobbi il passo, Io me lo vidi accostare... era Giuda!

Oh, che stretta al mio cuore!

Io vidi in quel momento l'anima del mio traditore in tutto il suo orrore; il mio Cuore avrebbe voluto salvarlo, ma egli consuma il suo orribile peccato e mi bacia. Oh, come soffrii per questo bacio di morte! Circondato di tenebre e di orrori di morte, ricoperto dei peccati dell'uomo, io sentii in quel bacio ancor più la mia umiliazione, e l'agonia prece­dente si rinnovò. L'orribile peccato di Giuda mi fece pensare alla sua sorte: una creatura arricchita del mio caratte­re, uno dei primi sacerdoti, scelto da me per un apostolato di sacrificio e di amore... eccolo perduto!

Egli non ama più Dio, il suo ministero di vita è soffocato, è morto.

« O Giuda, con un bacio mi tradisci? Con un bacio? Il bacio è segno di amo­re, è segno di fratellanza; tu dunque mi consumi col segno dell'amore, ed af­fratelli a me il tuo essere reso così pu­trido dalla colpa?

Così la mia agonia ebbe l'epilogo suo naturale: Io fui come un lebbroso, e la mia esistenza, il mio essere fu cento volte immolato all'amore di Dio!

Anima mia cara, mi ami tu? Mi vuoi amare? Oh, quante agonie ti aspettano nella vita!

Guarda il mio Cuore, rifugiati in esso solo, e rifletti che esso fu totalmente immolato per te.

Guarda il tuo nulla, guarda il mio tut­to, non sono Io degno di un sacrificio amoroso? Sei polvere e nulla, e se hai qualche cosa te l'ho data Io; dunque se Io non ti premiassi, tu pure dovresti amarmi, perché sono degno di amore. Ma Io voglio che tu mi ami per eterna­re il tuo amore nel cielo.

Amami dunque, anima mia cara, ama­mi nelle pene, nelle tribolazioni, nei disprezzi, nelle agonie di morte. Il pal­pito doloroso del tuo amore sarà un'ar­monia che non si estinguerà mai, mai, e tu mi amerai in eterno nella gioia pura dell'amore infinito di un Dio tut­to tuo!


L'anima:

Due grazie voglio, o Gesù!

O Gesù, appassionato per me, vorrei farti belle promesse, vorrei immolarmi per te! Tu lo sai quanto sono meschina, e come non ho forza di fare nulla.

Gesù, sono un essere troppo meschi­no, ma io mi sono data a te; dunque supplisci tu la mia nullità!

Stringimi a te, mio Amore: io mi ab­braccio a te agonizzante.

Gesù mio, quanto ti amo: bruciami, mio Gesù. Bacio il sangue che sgorga da te;

Gesù mio, purificami al tuo con­tatto.

Bacio le lacrime che versi per me: inondane il mio cuore, perché io pianga i peccati che feci in passato.

Gesù caro, io non voglio che te: fa' che io ti conosca e che io conosca la mia miseria.

Dimmi, o Gesù, quale gioia posso da­re al tuo Cuore trafitto? Io non posso partirmi da te senza dirti efficacemente che ti amo.

Che cosa vuoi, Gesù mio, da me? Oh, lo so, il colpo amaro e più amaro della tua agonia te lo diede il primo sacer­dote traviato e sacrilego. O Gesù, se io potessi ricondurti nel Cuore un solo sacerdote cattivo!...

O Gesù, ecco la mia vita; fa di me una vittima di espiazione per qualche tuo ministro che ti è infedele. Gesù ca­ro, ti piace il dono? Oh, tu mi sorridi di amore. Gesù, ti amo, quanto sei bel­lo!

Ti ho fatto finalmente sorridere!

Ti amo!

O Gesù, due grazie voglio come con­clusione di quest'ora:

Voglio la grazia di abbandonarmi tut­ta nelle tue mani, di amarti senza inte­resse, nella profonda umiliazione del mio essere.

E poi, Gesù mio, voglio un amore ar­dente ed un vivo zelo per il tuo Sacer­dozio!

Me le fai queste grazie, Gesù mio? Io le voglio! So che tu sorriderai di amore ogni volta che ti amerò e farò qualche sacrificio di espiazione per i tuoi sacerdoti.

Gesù, abbracciami e stringimi al tuo cuore addolorato, pungimi di amore! Ti amo!

Viva il tuo Cuore trafitto! Ti amo!

Viva il tuo Cuore immolato! Ti amo!

Viva la tua carità sterminata! Ti amo!

Gesù mio, ti amo!



Gesù, dopo aver scritto questa me­ditazione soggiunse:

«A chi farà questa ‘Ora di compa­gnia’  in tal modo intorno al mio Cuore trafitto, io cederò la grazia di amarmi e di non peccare. Amo che la facciate tutti i giorni intorno al mio Cuore sa­cramentato, così voi vi immolerete per mio amore e per il mio sacerdozio, ed affretterete le vie della mia misericor­dia infinita!

Io voglio vittime di amore e di immo­lazione per il clero; cominciate voi a circondare il mio Cuore e vigilate pieni di amore con me.

Io ho ispirato a quell'anima buona di farti domandare quest'ora di agonia. Cominciala tu dunque, e veglia con me (..)».

L'ora di compagnia mi era stata chie­sta da una pia signorina di Rossano, io però non ne sapevo il nome. Dopo sep­pi che si chiamava Serafina Casciaro, e vidi con sorpresa che Gesù, benedi­cendola, aveva accennato al suo nome.

(Sac. Dolindo Ruotolo: « La Storia del­la mia vita nel piano della grande mise­ricordia di Dio », Autobiografia, voi. I, pp. 302-311).

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