lunedì 3 novembre 2014

L'oratorio di Don Bosco



Egli raccoglie ne’ giorni festivi, là in quel solitario recinto da 400 a 500 giovanetti sopra gli otto anni, per allontanarli da pericoli e divagamenti, e istruirli nelle massime della morale cristiana. E ciò trattenendoli in piacevoli ed oneste ricreazioni, dopo che hanno assistito ai riti ed agli esercizi di religiosa pietà. Loro insegna inoltre la Storia sacra e l’ecclesiastica, il Catechismo, i principii d’aritmetica: gli esercita nel sistema metrico decimale e quei che non sanno, anco nel leggere e scrivere. Tutto questo per l’educazione morale e civile. Ma non trasanda la fisica, lasciando che nel cortile posto a fianco dell’oratorio e chiuso d’ogni intorno, negli esercizi ginnici, o trastullandosi colle stampelle o all’altalena, colle piastrelle o ai birilli crescano, rafforzino la vigoria del corpo. L’esca con cui attrae quella numerosissima schiera oltre i premii di qualche pia immagine, oltre le lotterie, e talvolta qualche colazioncella, si è l’aspetto sempre sereno, e sempre vigile nel propagare in quelle anime giovanette la luce della verità e del vicendevole amore. Pensando il male che evita, i vizi che previene, le virtù che semina, il bene che fruttifica, pare incredibile che l’opera sua potesse avere impedimenti e contrarietà (...). 
Ma quello che dà massimamente a Don Bosco diritto alla gratitudine cittadina si è l’ ospizio, che là nella stessa casa dell’oratorio, dischiuse a’ fanciulli più indigenti e cenciosi. Quando egli sa o incontra alcuno più dalla squallidezza immiserito, non lo perde più d’occhio, lo conduce a sua casa, lo ristora, lo sveste de’ luridi, gl’indossa nuovi abiti, gli dà vitto mane e sera, finché trovatogli padrone e lavoro sa di procacciarli un onorato sostentamento per l’avvenire, e può accudirne con maggior sicurezza l’educazione della mente e del cuore.

{C. Danna, professore d’ Instituzioni di belle lettere all’Università di Torino}