giovedì 29 maggio 2014

Commento mistico al Cantico dei Cantici - Jeanne Guyon

Il bacio che l’anima domanda al suo Dio è l’unione essenziale, o il vero possesso, duraturo e permanente, del suo oggetto divino. È il matrimonio spirituale. Per far comprendere questo, occorre spiegare la differenza che esiste tra l’unione delle potenze e l’unione essenziale. Entrambe queste unioni sono o passeggere e solo di qualche istante, oppure permanenti e durature. L’unione delle potenze è quella mediante la quale Dio unisce a sé l’anima in maniera del tutto superficiale: la tocca, piuttosto che unirla a sé. Essa è tuttavia unita alla Trinità delle Persone secondo i diversi effetti che le sono propri; ma sempre come a persone distinte e per operazione mediata, dato che l’operazione svolge in questo caso la funzione di mezzo e di fine, in quanto l’anima trova riposo in questa unione che sperimenta, poiché non crede che si debba proseguire più oltre. Tale unione si attua con ordine in ciascuna delle potenze dell’anima, e si osserva talvolta in una o due di esse, secondo il disegno di Dio, e talaltra in tutte e tre insieme. Tale è l’applicazione dell’anima alla santa Trinità come a Persone distinte. Quando l’unione è nel solo intelletto, si tratta dell’unione di pura conoscenza e viene attribuita al Verbo come persona distinta. Quando l’unione è nella memoria, il che avviene grazie a un assorbimento dell’anima in Dio e a un profondo oblio delle creature, viene attribuita al Padre come persona distinta. E quando si fa sentire nella sola volontà, grazie a un godimento amoroso senza visione né conoscenza distinta, si tratta dell’unione d’amore, attribuita allo Spirito Santo come persona distinta. Quest’ultima è la più perfetta di tutte, perché più di ogni altra avvicina all’unione essenziale, e perché è principalmente per suo mezzo che l’anima vi perviene. Tutte queste unioni sono abbracci divini; ma non è ancora il bacio della bocca.
Vi sono due generi di unione: una passeggera, che dura solo un attimo; l’altra duratura, che si mantiene grazie a una continua presenza di Dio e grazie a un amore dolce e quieto che sussiste tra ogni cosa. Ecco in poche parole che cos’è l’unione delle potenze, che è un’unione di fidanzamento e che implica sì il sentimento del cuore, le carezze e i doni reciproci come è tra i fidanzati, ma non il perfetto godimento dell’oggetto.
L’unione essenziale e il bacio della bocca costituiscono il matrimonio spirituale, dove c’è unione tra essenza ed essenza e scambio tra le sostanze; dove Dio prende l’anima in sposa, e la unisce a sé non più in modo personale, né attraverso qualche atto o mezzo; ma immediatamente, riducendo tutto a unità e possedendola nella sua stessa unità. È allora il bacio della bocca e il possesso reale e perfetto. Si tratta di un godimento che non è in alcun modo sterile e infruttuoso, perché si estende a tutta la comunicazione del verbo di Dio all’anima.
Si deve sapere che Dio è tutto bocca, così come è tutto parola; e che il posarsi della bocca divina sull’anima è il perfetto possesso e la consumazione del matrimonio, mediante la quale l’annuncio di Dio stesso e del suo Verbo viene fatto all’anima. È quello che si potrebbe definire lo stato apostolico, grazie al quale l’anima è non solo sposa ma anche feconda, perché Dio come bocca è unito per qualche tempo all’anima, prima di renderla feconda della sua propria fecondità.
Alcuni affermano che tale unione può avvenire solamente nell’altra vita; io invece sono convinta che essa può avvenire in questa, con la differenza che in questa vita si possiede senza vedere, e nell’altra si vede quel che si possiede. Ora io dico che, sebbene la visione di Dio sia una prerogativa della gloria necessaria alla sua consumazione, essa non costituisce tuttavia la beatitudine essenziale: infatti siamo felici quando possediamo il bene supremo, e possiamo gioirne e possederlo senza vederlo. Ne gioiamo qui, nella notte della fede, dove abbiamo la felicità del godimento senza avere il piacere della vista, mentre nell’altra vita avremo la chiara visione di Dio assieme alla felicità di possederlo. Tale accecamento non impedisce tuttavia né il vero possesso, né il reale godimento dell’oggetto, né la consumazione del matrimonio divino, così come della reale comunicazione del Verbo all’Anima. Ciò è perfettamente vero, e verrà riconosciuto da tutti coloro che hanno esperienza.
Può essere inoltre risolta qui la difficoltà sollevata da alcune persone spirituali, le quali non ammettono che l’anima, una volta pervenuta in Dio (il che costituisce lo stato dell’unione essenziale), parli di Gesù Cristo e dei propri stati interiori, sostenendo che per tale anima questo stato è passato. Convengo con costoro che l’unione con Gesù Cristo ha ampiamente preceduto l’unione essenziale, dato che l’unione con Gesù Cristo come persona divina si sperimenta nell’unione delle potenze, e che l’unione con Cristo uomo Dio è la prima di tutte e si compie sin dall’inizio della vita che illumina. Ma per quanto riguarda la comunicazione del Verbo all’Anima, io dico che, così come i frutti e le opere del matrimonio si compiono solo dopo che esso è stato consumato, allo stesso modo prima che le venga fatta tale comunicazione divina occorre che l’anima sia giunta in Dio solo, e che vi si sia stabilita mediante l’unione essenziale e il matrimonio spirituale.
Questo è più vero di quanto si possa dire. Ciò che rende differente l’unione con Dio rispetto alle altre unioni è che Dio possiede qui l’intera anima ininterrottamente; nelle unioni con gli esseri creati l’oggetto può essere posseduto solo per alcuni istanti, dato che le creature sono a noi esterne, mentre il godimento di Dio è permanente e duraturo, perché è interno a noi stessi e perché, essendo Dio il nostro fine ultimo, l’anima può incessantemente fluire in lui in qualità di suo termine e suo centro, ed esservi mescolata e trasformata senza mai uscirne: così come un fiume, che è un’acqua sgorgata dal mare e ben distinta da esso, trovandosi lontano dalla sua origine cerca con varie agitazioni di avvicinarsi al mare sino a quando, essendovi infine nuovamente sfociato, vi si perde e vi si mescola così come vi si era perduto e mescolato prima di allontanarsene, e non può più venirne distinto.
Si deve ancora osservare che, creandoci, Dio ci ha dato una partecipazione del suo essere di natura tale da essere riunita a lui, e al tempo stesso una tendenza a questa riunificazione. Qualcosa di simile egli ha dato al corpo umano per quanto riguarda l’uomo nello stato di innocenza, traendolo dall’uomo stesso, in modo da dargli questa tendenza all’unione come alla sua origine. Ma, attuandosi tra corpi del tutto materiali, tale unione non può essere che materiale e molto limitata, dato che essa avviene tra corpi solidi e impenetrabili. Perché ciò sia compreso meglio, ci si può servire dell’immagine di un metallo che si voglia unire a un altro di diversa specie: per quanto li si faccia fondere per unirli insieme, essi non possono legarsi perfettamente in quanto sono di natura dissimile; migliore riuscita si ha nella fusione di un metallo con un altro della stessa natura. Oppure, è come un’acqua versata in un’altra acqua, che può venirvi mescolata a tal punto da rendere impossibile osservarvi alcuna differenza. Così l’anima, essendo di natura assolutamente spirituale, è perfettamente adatta a essere unita, mescolata e trasformata nel suo Dio.
Si può essere uniti senza essere mescolati. È l’unione delle potenze: ma la mescolanza è l’unione essenziale, e tale unione è totale, compiendosi completamente nel tutto. Non vi è che Dio a cui l’anima può essere unita in questo modo; perché essa è stata creata di una natura tale da poter essere mescolata con il suo Dio, ed è questa mescolanza che San Paolo chiama trasformazione (2 Cor 3,18), e Gesù Cristo unità, uguaglianza e compimento (Gv 17,11 e 21). Ora, essa avviene quando l’anima perde la propria consistenza per non sussistere che in Dio: il che si deve intendere misticamente, con la perdita di ogni proprietà e con una retrocessione amorosa e perfetta dell’anima in Dio, e non nel senso della spoliazione reale della sussistenza intima, necessaria per l’unione ipostatica. È piuttosto come una goccia d’acqua che perde la sua consistenza sensibile, una volta posta in una botte di vino dove viene sensibilmente trasformata in vino, sebbene la sua essenza e la sua consistenza ne rimangano sempre distinte, e nonostante un Angelo potrebbe, se Dio lo volesse, operarne la divisione: allo stesso modo l’anima può essere sempre separata dal suo Dio, seppure la cosa sia molto difficile.
È dunque tale elevata e intima unione che la Sposa domanda al suo Sposo con tanta insistenza. Ella gliela domanda come se parlasse a un’altra persona; è uno slancio impetuoso del suo amore che, senza guardare a chi si rivolge, dona forza alla sua passione. Che egli mi baci, lei dice, perché può farlo, ma del bacio della sua bocca; ogni altra unione non può accontentarmi, quella sola può soddisfare tutti miei desideri, ed è quella ch’io chiedo.