martedì 29 ottobre 2013

Magdala

Negli Evangeli, qua e là, ora precisamente, ora vagamente, la figura di una 
peccatrice appare. La forma del suo incontro con Gesù varia: varia il posto 
dell’incontro; e a chi legge superficialmente può parere che queste sieno due o 
tre donne. Ma se si legge bene, si vede che l’essenza morale del fatto, è una 
soltanto: Cristo perdona a questa peccatrice. E, scrutando con occhi attenti, si 
scorge che è anche una sola, la donna. Essa è Maria di Magdala. La pittura 
antica, italiana e straniera, ci ha dato una Maddalena bellissima, sempre, per lo 
più bionda e formosa, i pittori le hanno disciolto sulle spalle i capelli a onde di oro 
e le han dato un carattere terreno, senz’ombra di poesia. Invece, la tradizione di 
Palestina, tradizioni a cui si deve credere giacchè ivi è il paese dove le antiche 
storie, più si scende nel popolo e più sono vivamente conservate, la tradizione 
parla di una donna ebrea nel suo tipo alto e snello, in quell’armonia elegantissima 
di movenze, con un volto ovale e bruno, con gli occhi lunghi e fieri, con una 
bocca rossa come un fiore di granato, con una massa di capelli neri. Questo a 
udire i racconti degli agricoltori e dei pescatori di Galilea, è il vero ritratto di Maria 
di Magdala. E che importa, se pur non facendone il Tiziano la sincera effigie, la 
sua arte ha saputo legarcj anche con quella forma, splendida di colore e di vita? 
Non conta sola la verità nell’arte, conta anche, e sovra tutto la bellezza. Forse, 
hanno ragione i coltivatori di Magdala che mi descrissero la figura della loro 
grande Maria, come è giunta sino a loro, la figura flessuosa e seducente, piena di 
grazia muliebre, e il lampeggiare dei bruni occhi e l’irresistibile sorriso della sua 
bocca: ma anche il Tiziano ha ragione! Viveva ella in Magdala, quando s’incontrò 
col Signore e fu nel tempo delle sue peregrinazioni lungo il lago di Tiberiade, o ella 
lo vide in Gerusalemme? La cosa è incerta. Forse, la orgogliosa donna, avvolta 
nelle sue ricche vesti, col manto di seta bianca che le circondava la bellissima 
testa e donde uscivano le trecce odorose de’ suoi capelli, poggiata la fronte alla 
piccola mano carica di gemme, avvolta in una nube di odori balsamici, era 
partita dalla sua città natia, e nell’alto palanchino aveva attraversata la distanza 
grande che divide Magdala da Nazareth, e la grandissima che separa Nazareth 
da Gerusalemme: aveva viaggiato forse, sotto i cieli chiarissimi d’Oriente, dove 
volano le tortore azzurre, fra una vegetazione florida e ricca, andando alla città 
della Legge, che era la gloriosa Sionne, ma era anche la città del lusso e dei 
piaceri. Nel suo cuore, inaridito dall’avvampante soffio dell’egoismo, Maria di 
Magdala non portava traccia di tenerezza veruna: e mai lagrima veniva a 
molcere la scintilla superba della sua pupilla. Dura e crudele, dunque: e fiera 
anche della sua esistenza esteriore, fiera delle sue dovizie, delle sue pietre 
preziose, delle vesti, della sua inarrivabile beltà, che sollevava un mormorio di 
ammirazione, dovunque ella trascorresse! Ma, un giorno, la rosa di Magdala 
cominciò a declinare sullo stelo: ella illanguidì in un tormentoso pensiero: ella sentì 
intorno a sè il disprezzo della gente: ella trovò accumulati sul suo capo e sulla sua 
coscienza, tutti i peccati che aveva commessi: e un grande orrore di sè e della 
vita la prese. Ella, perseguitata, beffeggiata, insultata, corse ai piedi del Signore e 
vi restò prostrata, aspettando la sua condanna. Momento supremo! Cristo 
perdonò. Ah, fu allora che il cuore di Maria di Magdala si franse, fu allora che un 
fiume di lacrime roventi uscì da quegli occhi che non avevano mai pianto, e 
questo fiume portò via tutte le impurità di quell’anima e la lasciò linda e nitida, 
tutta fervida di speranza, tutta fremente di affetto. 
Da questo giorno, Gesù acquista a sè un’anima che vale quelle di tutti gli 
apostoli, per la passione, per l’intensità, per l’abbandono, per la devozione; egli 
ha con sè, non una donna che lo segue, così, per vana curiosità, per fantasia, ma 
una creatura tutta a lui dedicata, ma un’adoratrice spirituale, ma una sorella 
dell’anima, ma una serva di tutte le ore. I suoi sottili piedi che non avevano mai 
camminato, non si stancano nelle vie lunghe e pietrose, dietro al piccolo corteo di 
Gesù: le sue mani che non avevano mai lavorato, si piegano alla fatica materiale: 
la sua anima che non aveva pregato, mai, si inchina alla Maestà del Padre, che è 
nei Cieli. Ella segue Gesù, dappertutto, ombra fedele e costante spirito di 
previdenza e di protezione, cuore sagace e tenero e pauroso e pur valoroso; è la 
prima ai pericoli, ai dolori, alle fatiche, l’ultima al riposo e alla pace. le tracce di 
Maria di Magdala sono dapertutto, dovunque Gesù ha posato la testa, dovunque 
egli ha pronunziato una parola. Nella città di Bethsaida, dove egli fece i suoi 
maggiori miracoli, e sulla montagna di Hattine; nelle campagne di Safed, dove 
egli predicava a un popolo di coltivatori, e sotto gli archi del Tempio, nella crudele 
Gerusalemme; in quel meraviglioso sentiero che dalla campagna discende ai 
lago di Tiberiade, sentiero percorso, da Gesù, per anni, ogni giorno, che conduce 
a uno dei più belli paesaggi del mondo, e negli orti di Getsemani. Dovunque! 
Ella gli deve tutto. Era morta nell’aridità e nel peccato, ed egli l’ha 
risuscitata; ignorava l’emozione ed egli gliene ha data una ineffabile; non 
conosceva la virtù nobilitante del dolore e questa forma di purezza, è scesa in lei: 
tutta la sua redenzione morale è stata fondata sovra una semplice parola di 
perdono. Vedete Maria di Magdala, nella Settimana di Passione. Ella è nella folla 
plaudente, nel giorno degli Ulivi, un giorno inebbriante di poesia primaverile e di 
gloria del Signore, ultimo giorno di luce e di sorriso. Ma il tradimento di 
Ghetsemane si compie, gli apostoli fuggono: ella segue Gesù, la passionale 
donna, dall’orto dell’agonia spirituale, sino al palazzo del Gran sacerdote; ella 
passa la notte fuori la porta, nella via, aspettando la sentenza. Il suo spasimo viene 
subito dopo quello di Maria di Nazareth. Dovunque Gesù soffre, un altro cuore è 
straziato: dovunque egli patisce, un lamento represso tenta schiudere le labbra di 
Maria di Magdala. Ella va dal Pretorio al Golgotha, ella si ferma dirimpetto alla 
croce, ella vede morire Gesù, e il suo grido è alto, il suo singhiozzo clamoroso: ella 
si ferma dal piangere, solo per aiutare Giuseppe d’Arimatea e il buon Nicodemo, 
alla deposizione dalla croce; ella porta il balsamo e i profumi per imbalsamare 
Gesù: e, all’indomani, è lei la prima ad accorrere alla tomba, è lei che trova la 
pietra smossa, e corre ad avvertire gli apostoli, è lei che vede riapparire Gesù, la 
prima volta. Giuda ha tradito, Pietro ha rinnegato, Tommaso era incredulo, spesso 
gli apostoli erano incerti, diffidenti; Maria di Magdala ha tutto creduto e ha 
sempre creduto. Maria di Magdala ha avuto una fede assoluta, un affetto 
assoluto, un abbandono assoluto. Tutto il buio ardore della sua anima, si era 
cangiato in luminoso ardore; e tutta l’essenza passionale del suo cuore, era 
diventata misticismo. Verranno, più tardi, le sante Terese e le sante Francesche, le 
sante Marie Egiziache e le sante Caterine, ma ella avrà raccolto in sè tutte le 
estasi e tutti i dolori, tutti i rapimenti e tutte le umiliazioni, ella sarà stata fedele nella 
vita e nella morte, sino alla tomba e più in là. 
Io ho visitato questo paese di Magdala. In una sera di estate sulle sponde 
del lago di Tiberiade, ho lungamente discusso con un povero barcaiolo — povero, 
sì, ma discendente, forse, di san Pietro, o di san Giacomo, o di san Giovanni — un 
contrattino, per cui egli doveva imbarcarmi, l’indomani mattina alle sei, me e il 
mio dragomanno Mansur, per attraversare tutto il lago e sbarcarmi a Medjdel che 
è in linguaggio nostro, Magdala. Il piccolo villaggio della grande peccatrice, della 
grande penitente, è sulla costa occidentale del mare di Galilea: distante dalla 
spiaggia, cinquecento passi. Il barcaiuolo mi chiese trenta lire, per quel tragitto: gli 
furono concesse. Mi dichiarò che ci volevano, per percorrere quei dieci chilometri 
di lago, coi remi, quattro ore per andare e quattro per ritornare. La vela? Non vi è 
mai molto vento, sul mare di Genesareth. Alla mattina, non ve ne è niente: al 
ritorno, si ha il vento contro. Quattro oro, otto ore? Sicuro. E la barca, dove era? 
Poco lontana. Andammo a vederla. Grande, piatta, greve, incomodissima. Otto 
ore, proprio? Forse più, anzi. Un sospiro al sogno poetico di attraversare tutto quel 
lago di Tiberiade, dove, un tempo, cento barche a remi e a vela, davano il pane 
agli abitanti di quelle rive e l’allegrezza al paesaggio, dove, ora, solo quattro o 
cinque barche rimangono, sospinte pigramente da barcaiuoli silenziosi, che 
hanno dimenticato il loro mestiere. Un sospiro al bel sogno di percorrere il lago dei 
grandi miracoli, ove Gesù Cristo camminò sulle acque, ove fece la pesca 
miracolosa, ove sedò la bufera: un sospiro e una decisione. 
— Andiamo a cavallo, a Magdala, Mansur. 
— Meglio, Madame. 
Il barcaiuolo se ne va, silenzioso, senza protestare. 
Forse è abituato a queste delusioni, Pochi, pochi, vanno in barca a 
Magdala, a Bethsaida, a Capharnahum. Il duro viaggio di Tiberiade, che nessun 
touriste di curiosità compie e che solo i più ferventi pellegrini di religione fanno, fino 
all’ultimo, spezza le svanenti forze dei viaggiatori. A cavallo, per questa estrema 
gita, a cavallo, per chiudere il ciclo di queste bizzarre ed emozionanti giornate! La 
mattinata è fresca, è vivida, tutto è felice, intorno: il mio cavallo ha riposato, è un 
piccolo arabo lieve come un uccello, basta chiamarlo per nome, pianamente, 
per farlo correre, gentilmente, leggermente. Si chiama: Aoua, il vento. Bel nome! Si 
va lunga la sponda del lago, si vede tutta la base della collina di Hattine, di quel 
benedetto monte delle Beatitudini dove il re Balduino perdette una terribile 
battaglia contro i mussulmani, e con essa il trono di Gerusalemme, e l’opera dei 
crociati fu distrutta. Attraversiamo il campo delle spighe, ove Gesù disse una delle 
sue più belle parabole: ecco il colle dove avvenne la moltiplicazione dei pani e 
dei pesci. Dolce mattinata: dolce ora, profumata di erbe ancora roride e 
fragranti: dolce corsa, attraverso la campagna, mentre il lago che è tutto di un 
azzurro d’argento, appare e scompare. Il mio cavallino Aoua e quello di Mansur 
vanno, vanno, come se non portassero nessuno, con un passo ritmico, quasi 
musicale: e invece di mettervi due ore, per arrivare a Magdala, noi vi giungiamo 
in un’ora e un quarto. 
Magdala! È un povero piccolo villaggio, consistente in alcune case, fatte di 
basalto. Esse hanno l’aria triste e oscura; esse sono raggruppate, qua e là 
disordinatamente. Altra volta vi era, in Magdala, anche una chiesa cattolica, 
molto bella; essa fu distrutta, nel milletrecento. Una di queste strane case nere 
albergò, forse, nell’adolescenza e nella giovinezza, Maria Maddalena! Chi sa! Io 
erro, intorno, cercando qualche traccia che la immaginazione può render 
palpitante d’interesse. Ecco un grande palmizio e alcune ruine poco lungi, che 
esso doveva ombreggiare. Fu qui, forse, che ella dimorò, donde ella si partì, per 
portare a Gerusalemme la sua beltà, il suo ardore pei, piaceri e il suo lusso? 
Questo palmizio, forse, ricorda un giardino di delizie. Più in là, a sinistra, presso la 
via, verso la fine del villaggio, vi sono gli avanzi di un grande muro. La sua casa, 
forse? Chi sa, chi sa? Tutto è avvolto di mistero. Pure, Magdala esiste. Cinque 
erano le città lungo il lago, quando Gesù vi portò la sua predicazione: 
Capharnahum; Bethsaida; Dalmanutha; Chorazin; Magdala. Dovunque egli ha 
portato il suo potere divino, ha parlato, ha predicato, ha insegnato, ha fatto 
miracoli di tenerezza, di pietà, di sapienza, ma il cuore degli uomini restò chiuso, 
duro e gelido come la pietra. Ricordate la terribile minaccia dell’Evangelico? Guai 
a te, Capharnahum, guai a te, Behsaida, poichè in voi ho parlato e ho fatto 
miracoli e non vi siete convertite! Guai a te, Chorazin, guai a te, Dalmanutha, 
giacchè se in Sodoma e Gomorra fossero stati fatti miracoli come da voi, Sodoma 
e Gomorra si sarebbero pentite. Ebbene, la maledizione di Gesù ha colpito queste 
città! Sono ruinate Chorazin e Dalmanutha. Sono ruinate Capharnahum e 
Bethsaida; delle cinque città, solo la piccola Magdala resta in piedi. Rimarrà, 
dicono i poveri pescatori, i poveri agricoltori, finchè durerà il mondo. Magdala è il 
paese della sublime penitente: e il perdono di Gesù non si cancella. 
{Nel paese di Gesù - Matilde Serao}