martedì 29 ottobre 2013

La storia della Madonna

Due paesi di Galilea si disputano la gloria di esser la patria di Maria: Sephoris 
e Cana. È vero che Anna e Gioacchino avessero in Cana qualche piccola 
proprietà, giacchè il padre e la madre della Madonna non erano assolutamente 
poveri, ma ne avevano anche verso il confine della Galilea, sul monte Carmelo, 
dove venivano ogni anno, con la piccola Maria: è anche vero che in Cana di 
Galilea vi fossero molti parenti di Maria, ma, oltre questo, non esiste nessun’altra 
prova e Cana si deve, si dovrà sempre contentare di essere il paese delle famose 
nozze, il paese dove Gesù si compiacque di fare il primo miracolo. Con una quasi 
certezza si può affermare che Maria Vergine è nata in Sophoris, un grosso borgo 
che resta a mezza via fra Tiberiade e Nazareth, ma molto più vicino a Nazareth, 
che a Tiberiade. Come quasi tutti i bei paesi di Galilea, Hephoris è collocata sovra 
una collina e la umile casa di sant’Anna e di San Gioacchino è proprio in cima al 
poggio e il nome di Maria, Miriam, Mariam, Mara, è molto comune in Galilea, e 
ritorna stranamente nella vita del Cristo, come per un magico concentramento: 
Maria, la sua dolce madre; Maria di Cleofe, la zia, cugina di sua madre, ardente e 
devota: Maria di Bethania, la sorella di Lazzaro, che lo ascoltava incantata, nei 
giorni in cui egli dimorava da loro; Maria di Magdala, la passionale penitente, che 
purificò così nobilmente l’impuro metallo della sua anima. La tradizione parla della 
infanzia della Madonna, come di un periodo soave: dice che ella era bruna e 
fine, che aveva delle piccole mani gentili e dei piccoli piedi, che ella amava la 
sua casa e la solitudine, che ella era una creatura laboriosa, sorridente e 
taciturna. Quando i due vecchi genitori partivano per qualche pellegrinaggio, a 
piedi, con quelle lunghe e lente tappe di Palestina, portavano sempre seco la 
piccoletta: e ancora la tradizione dice che ella ascese varie volte sul monte che 
chiude il golfo di san Giovanni di Acri, che di lassù Maria contemplò il cielo e il 
mare e che il Carmelo fu così benedetto dalla sua presenza, dal suo pensiero, dal 
suo sogno. Ma ella ritornava volentieri al silenzio della sua casetta di Sephoris: ella 
ne uscì, a tredici anni e mezzo, quando andò sposa a Giuseppe, il falegname di 
Nazareth. 

Niuno che conosca l’Oriente si stupirà dell’età in cui si è sposata la 
Madonna: tali nozze sono consuete, in quei caldi paesi dove la vita è precoce. Nè 
è a meravigliarsi che sia stata data una giovanetta a un uomo già maturo, quasi 
vecchio. La donna orientale è così abituata a un profondo rispetto per l’uomo, 
che la differenza d’età non fa che raddoppiarlo: dice la tradizione che Maria 
venerava Giuseppe. La loro casa, piccola, sorge proprio all’entrare di Nazareth, 
avendo innanzi un lembo di quella valle beata: essa era addossata alla roccia, 
come quasi tutte le case di Galilea ed era fatta di due stanze, una di fabbrica, 
una di roccia e una terza piccola stanza, che chiamano la cucina della 
Madonna, e che ha una porticina sul giardino: anzi, da una viottola, che si parte 
da questa porticina, si raggiunge la bottega di San Giuseppe, attraversando dei 
campi, senza rientrare in Nazareth. 
Ella visse colà, Maria, sino al giorno in cui fu la Prescelta, senza che la sua 
esistenza uscisse dal limite della sua famiglia, della casa. Come tutte le altre 
donne nazzarene, ella portava una gonna di un rosso cupo, stretta da una cintura 
alla persona: e un gran manto di lana azzurro cupo, anche stretto alla cinta, 
ricadente sulla veste e rialzato sulla testa, sino alla fronte; ella andava scalza, 
come moltissime nazzarene. La via che conduce dalla sua casa alla fontana, l’ha 
vista ogni giorno passare, portando l’anfora inclinata sul capo, o poggiata sul 
fianco: e la fontana vide chinarsi il bel volto fine e puro sulle sue chiare onde. La 
via è pietrosa, è lunga: la fontana è quasi fuori Nazareth: ma Ella vi è venuta, ogni 
dì, e vi ha compiuto l’umile ufficio di attingere l’acqua: più in là, in quella vasca, 
che è sempre circondata di brune e belle donne nazzarene, ella ha lavato i panni 
del bambino Gesù. 
Il lavoro e la preghiera, ecco quello che fu la vita prima di Maria, la sposa di 
Giuseppe. Nel beato giorno di primavera, quando Gabriele discese a salutarla 
ella pregava: l’Arcangelo le apparve sulla soglia della prima stanza, mentre Ella 
era nella seconda. Il cuore credente, laggiù, può evocare tutto il santo dialogo, 
tutta la mistica scena, mettendosi a orare, nel posto ove Ella orava, guardando 
nella penombra, se qualche cosa di luminoso non appaia! 


Più tardi, Maria, stretto al petto il figliuolino, non fa che fuggire i pericoli, 
onde l’amata testa è minacciata: insieme con Giuseppe, essi si esiliano in Egitto, 
facendo mesi di cammino, errando di qua e di là, dormendo nei campi, nel 
tronco di un grande e vecchio albero, chiedendo il cibo alle erbe ed ai frutti. Sono 
anni di esilio fino a che, diradato lo sgomento della persecuzione, la Madonna 
ritorna a Nazareth, ritrova la sua casetta, riprende la sua oscura vita. Adesso, 
quando ella va alla fontana, mortificando i suoi piccoli piedi sui sassi della via, ella 
ha per mano un bimbo; quando, alla mattina, ella esce di casa, dalla porticina sui 
campi, ella porta Gesù alla bottega, perchè lavori da falegname, assieme col 
padre putativo Giuseppe. La sua maternità, in questi anni, ha qualche cosa di così 
profondamente tenero e di così sereno, ha un amore così pacifico e lieto, che 
questi sono, veramente, i soli anni in cui la Madonna è stata felice. Ah, sì, ella avrà 
avuto, ogni tanto, in questo lungo periodo di calma, la visione delle burrasche che 
avrebbe dovuto attraversare il suo Grande Figlio, ella avrà sentito il fremito della 
disperazione e della morte passare su lei, pensando alla divina missione, ma 
accanto a lei, sorridente e pensoso, buono e laborioso, bellissimo nel volto bianco, 
nei biondi capelli, nei grandi occhi azzurri, cresceva Gesù: ma ella ne vegliava la 
fiorente vita: ma ella ne stringeva la piccola mano fra le sue: ma ella lo 
benediceva ogni sera, prima che egli chiudesse gli occhi al sonno, ma ella 
godeva l’ineffabile e imperturbata soavità di esser la madre di un fanciullo divino! 
Anni placidi, di un benessere morale fatto di virtù semplici, trascorsi fra un giro di 
pietosi desiderii e di pie soddisfazioni, fuggiti, ahimè, troppo presto, per il cuore 
della Madonna! 
Presto, l’adolescente diventa un giovane dall’occhio affascinante di 
dolcezza, dalla parola eloquente, dall’anima nobilissima: già i nazzareni si 
stupiscono dell’audacia di Gesù, e non lo amano, e lo tengono in conto di ribelle: 
già ella comincia a tremare, per lui, per il Diletto. Carico d’anni, compiuta 
santamente la sua missione, Giuseppe discende nella tomba, lasciando vedova 
Maria; Gesù istesso non vuole abitare Nazareth, dove è misconosciuto: ed ella 
lascia il paese della sua troppo breve felicità, ella va a Cana, dove ha dei parenti, 
mentre il figliuolo si abbandona alle sue peregrinazioni di Galilea, alle sue prime 
predicazioni nelle campagne, verso Tiberiade. Talvolta, ella lo segue, intimidita, 
sgomenta del volo d’aquila del suo Gesù; talvolta, nel vedere l’adorazione di cui 
è circondato, ella si rassicura. Ma come il Figliuol dell’Uomo si avvicina al 
trentesimo anno, la vita della Madonna diventa tutta un’ansia, tutta un palpito: il 
suo bel tempo è fuggito per sempre, ella entra nel martirio, ella diventa la madre 
dei Dolori. 


È lei che suscita il primo miracolo di Gesù. La madre e il figliuolo sono a 
Cana, in un banchetto di nozze. Manca il vino: e i padroni di casa sono 
imbarazzati e dolenti. Timidamente, sottovoce, Maria dice a Gesù: Vedi, Figlio mio, 
non hanno vino. Egli china gli occhi; è agitato; una lotta si combatte in lui, quasi 
egli si arretrasse innanzi alla manifestazione di un potere supremo: ma la dolce 
madre lo guarda, con gli occhi supplichevoli ed egli, d’un tratto, si decide: le sei  
conche di acqua, che erano fuori la porta, si trasmutano in vino. La sua spirituale 
essenza è rivelata e la Madonna, per la prima, venera il suo Divino Figliuolo. Ma 
questa rivelazione è anche il primo passo verso la Croce: e lei s’incammina con lui, 
seguendolo, tremando in silenzio per lui, provando nel cuore una gioia 
strabocchevole e un martirio infinito. Nel gruppo delle donne, affascinate dalla 
santa parola di tenerezza del Cristo, è lei, la madre, confusa con le altre pie 
donne che non possono lasciarlo, che lo servono, lo adorano. Le Marie! Resterà il 
nome di queste felici donne, che potettero udire i più alti accenti di cui sieno 
risuonati gli echi umani, che potettero ardere di un amore sublime dello spirito, e 
vivere, e soffrire, e morire per esso. La storia ritrova la Madonna nelle peregrinazioni 
di Gesù, lungo il meraviglioso lago di Tiberiade, dove egli predicava a un popolo 
di pescatori e di agricoltori, di donne e di bambini: ella alloggiava a Bethsaida, 
sulla sponda sinistra di quel bellissimo lago che meritò, per la sua grandezza, il 
nome di mare di Genesareth: e propriamente Maria era ospitata, come Gesù, 
nella casa dell’apostolo Pietro. Pietro aveva moglie, e figli, e aveva anche la 
suocera, ma per aver seco Maria di Nazareth e il profeta di Galilea, la modesta 
casa anche bastava. Ora, Bethsaida è un mucchio di rovine, giacché anche essa 
fu maledetta per non avere avuto fede ed è caduta come Capharnahum, come 
Chorazin: dei villaggi lungo il lago, non resta in piedi che Magdala, il paese 
dell’altra Maria. Nei suoi viaggi a Gerusalemme, pericolosi e aridi viaggi, poichè la 
feroce e ostinata città non voleva credere al profeta nazzareno, Maria sempre 
seguiva Gesù, nell’ombra, temendo per il suo diletto, ma non volendo mettere 
ostacolo all’espansione di quell’anima divina. Oscuro compito di madre e di 
adoratrice, che nasconde le sue sofferenze, che vede la gloria e sente le spine nel 
cuore, che sorride agli inni, ma che prevede la passione, l’agonia, la morte. O 
lunga, ineluttabile visione di un avvenire fatale, tu sei stato l’incubo di quel 
materno cuore, e Maria ha avuto la tortura della Croce, prima di suo figlio! 


Nel giorno dell’ebbrezza in quella Domenica degli Ulivi in cui il Cristo provò le 
estreme gioie della sua gioventù e della sua vita, quando una folla di creature 
innocenti lo acclamava come il Figliuolo di Davide, come l’Eletto del Signore, 
attraversando quella magnifica Porta Dorata che giammai più i gerosolimitani 
hanno voluto aprire, la Madonna era nella folla. Nella notte del tradimento e 
dell’arresto ella vegliava, nella casa dell’apostolo Tommaso dove si era ricoverata 
e fu l’apostolo Marco, sfuggito alle persecuzioni dei soldati di Pilato, che l’avvertì 
del terribile fatto. Ed ella si mette in cerca di suo figlio, con le altre pie donne: e 
tutte insieme, lacrimando, senza lamenti, passano la notte dal giovedì al venerdì, 
fuori la casa del pontefice Hannah, dove Gesù era carcerato. Non sanno nulla le 
pie donne: salvo che il biondo e giovane profeta è preso dai suoi nemici: solo la 
madre sa che egli è perduto. Lacrima e tace. E nell’ora in cui la Passione 
comincia, quando egli è condannato nel pretorio di Pilato, quando egli esce con 
la Croce sulle spalle e inizia il più duro cammino, Maria gli va incontro. Gesù, 
vedendola, leva il capo, la saluta: salve, mater! Ed ella? Ella tace. È impietrita. Un 
supremo spasimo serra il suo cuore e, appoggiata alle altre donne, scalza, coi 
capelli discinti sotto l’azzurro manto, col volto straziato, ella cammina dietro il  
figliuolo, così, con la fissità di un cuore che non conosco più scampo. Essa non 
domanda, non si lagna, non geme: ma, in verità, non vi è nel mondo, un dolore 
simile al suo dolore. Madri che adorate i vostri figliuoli, ditelo voi! Madri che avete 
avuto il terrore della morte, vicino al letto di un figliuolo, parlate, parlate voi! Ella è 
irrigidita, ma si avanza, ma va, legata con le viscere e col cuore a quel martire, 
che si curva sotto la croce, trascinata da quell’istinto sublime, reso infinito 
dall’adorazione della donna per il Signore. 
Chi mai dipinse bene il volto di Maria, mentr’ella seguiva suo figlio, nella via 
della croce, dal Pretorio al Golgotha? Chi mai interpretò questo dolore ineffabile e 
senza confine? Nessuno. Maria è passata dalle visioni degli artisti nell’arte, in tutte 
le forme della sua castità, della sua purezza, della sua tenerezza lieta, ma niuno 
ha creato il viso terribile della madre fra le madri, straziato in quel momento, da 
uno spasimo che non ha nome. Questa tragedia materna sgomentò la mano di 
ogni artefice e solo la nostra fantasia può supporre, nei suoi sogni, questo 
spettacolo di terrore e di pietà. Ella giunge al luogo della sua morte: ella è lì, a 
pochi passi: non può accostarsi, non le lasciano abbracciare la croce: e allora 
tutta la vita di Maria si concentra negli occhi. Ella guarda morire Gesù. Una 
madre! La storia non dice dei suoi pianti, dei suoi gemiti. Nei suoi occhi le lacrime si 
sono disseccate, la voce si è spenta nella gola. Nulla le potrà mai far distogliere lo 
sguardo dall’agonia di suo figlio. Giammai sguardo ebbe maggiore intensità: e 
giammai zolla di terra sostenne uno strazio così immenso, in così lieve persona. Qui, 
in questo punto, tutti coloro che hanno sofferto, dovrebbero venire e baciare la 
terra, pensando che nessuno di essi provò il dolore che Maria ha provato, 
guardando morire suo figlio. Egli emette il grido supremo, il cielo si oscura, la terra 
trema, il velo del tempio si fende: ella non trasalisce, guarda, aspetta quel 
cadavere: e come cade la notte, il pietoso Giuseppe di Arimatea e i discepoli più 
fedeli calano quel corpo. Allora soltanto le materne braccia si schiudono e 
serrano quella salma e il volto della madre tocca quello del figlio, nell’ultimo 
bacio. 

 Marta, Maria di Cleofe, Maria Maddalena, qualche discepolo di Gesù 
lasciano Gerusalemme, temendo le persecuzioni: una barca peschereccia li porta 
da Jaffa alle coste della Provenza. La Madonna resta a Gerusalemme: ella ha una 
cara tomba da custodire, da visitare, ogni giorno. Suo figlio è salito al cielo, la 
fede si comincia a propagare, ma ella non si muove dal paese, dove Gesù ha 
sofferto ed morto. Addio, dunque, bel paese florido di Galilea! Non più i tuoi 
sentieri saranno percorsi dal piede leggiero della Vergine: non più ella porterà la 
sua anfora alla fontana: non più ella rivedrà la piccola casa di Nazareth che i 
profumi degli orti carezzavano, nè Cana la gentile, nè la piccola Sephoris, ove ella 
nacque: non più rivedrà i suoi amici e i suoi parenti. Ella resta dove la tragedia di 
Cristo ha avuto il suo cruento scioglimento, ella non vuole dimenticare, ella vive 
fra la tristezza e la preghiera. La bella fontana di Siloè, fuori di Gerusalemme, vede 
questa donna, talvolta, chinarsi pensosa sulle misteriose acque, che fuggono, che 
si nascondono e che riappariscono: ma è un volto consumato dagli anni e dai 
dolori, la bruna giovanetta che ebbe l’annunzio di Gabriele, è una sottile matrona 
su cui la vita ha impresso i suoi solchi. Ella vive sempre in casa dell’apostolo 
Tommaso, che la circonda di una pietà filiale, nella memoria del Cristo. Sino a che 
un giorno, salendo per il colle degli Ulivi, ancora una volta, Gabriele le appare: 
egli ha una palma, nella mano: le dice che il corso della sua vita è finito, e che 
Gesù si degna di richiamarla alla Sua gloria. Ella è vecchia, è stanca, ha desiderio 
di morte e di cielo; la divina ambasciata la trova pronta, come allora, nella 
casetta di Nazareth, adesso, a Gerusalemme. Ella sale a suo figlio; lascia cadere 
la sua bianca cintura, perchè Tommaso la raccolga, in ricordo. La sua umile e 
grande istoria, sulla terra, è finita. 
{Nel paese di Gesù - Matilde Serao}