lunedì 30 settembre 2013

Le Rivelazioni di Santa Brigida: libro VI, cap. 58

Maria parlò alla sposa, dicendo: Ti ho detto dei miei dolori. Ma non fu il più piccolo quello che ebbi quando portavo il Figlio mio fuggendo in Egitto e quando udii ch'erano uccisi i piccoli Innocenti e che Erode perseguitava il Figlio mio. Anche sapendo quel che era scritto del Figlio mio, tuttavia il cuor mio per il grande amore che nutrivo per il Figlio mio si riempì di dolore e tristezza. Puoi ora chiedermi che cosa faceva il Figlio mio tutto il tempo che precedette la sua passione. Ti dico, che, come afferma il Vangelo, era sottomesso ai Genitori e si comportò come gli altri bambini, fino alla maggiore età, né mancarono cose meravigliose nella sua gioventù: le creature servirono al loro Creatore, tacquero gli Idoli e molti di essi caddero al suo arrivo in Egitto; i Magi predissero che sarebbe stato segno di grandi cose future; anche gli Angeli lo servirono; nessuna immondizia lo macchiò mai, neppure alcun intreccio nei suoi capelli. Sono tutti avvenimenti inutili a sapersi da te, mentre nel Vangelo sono esposti i segni della sua divinità e umanità, che possono edificare te e gli altri. Giunto poi alla maggiore età, era sempre in orazione e, obbediente, salì con noi alle feste stabilite a Gerusalemme e in altri luoghi.

La sua persona e la sua parola erano così ammirabili e gradite, che molti sconsolati dicevano: Andiamo dal Figlio di Maria per essere consolati. Crescendo poi di età e di sapienza, di cui era già pieno da principio, lavorava manualmente, anche se questo non era ritenuto decoroso, e diceva a noi in segreto parole confortevoli e divine, sicché eravamo sempre colmi di indicibile gaudio. Quando poi eravamo nelle preoccupazioni, nella miseria, nelle difficoltà non mise fuori né oro né argento, ma ci esortava alla pazienza e fummo straordinariamente preservati dagli invidiosi. Talvolta ci provenne il necessario dalla compassione di anime buone; tal altra dal nostro lavoro, tanto che bastasse al nostro sostentamento e non per il superfluo, perché non volevamo altro che servire soltanto a Dio. Frattanto egli in casa si intratteneva a parlare familiarmente con gli ospiti amici, della legge e della sua interpretazione e dei simboli, e discuteva anche in pubblico con i sapienti e ne stupivano e dicevano: Ecco, il Figlio di Giuseppe insegna ai Maestri; parla in lui qualche grande spirito.

Una volta che mi vide mestissima per il pensiero della sua passione, mi disse: Non credi, o Madre, che io sono nel padre e il Padre è in me? Alla mia venuta ti sei forse tu macchiata o ne hai sofferto? Perché ti affliggi? È volontà del Padre ch'io patisca la morte e anzi è la mia volontà col Padre. Non può patire quel che ho dal Padre, ma lo patisce la carne presa da te, per redimere la carne degli altri e salvare le anime.

Ed era così obbediente, che quando Giuseppe gli diceva: Fa' questo o quello, subito lo faceva, perché nascondeva talmente la potenza della sua divinità, che solo da me e talvolta da Giuseppe poté sapersi; il suo capo fu visto spesso irradiato d'un alone di ammirabile luce e udimmo su di lui cantare le voci angeliche.

Vedemmo anche uscire, alla vista del Figlio mio, spiriti immondi, che non potevano uscire per mezzo di esorcisti approvati nella nostra legge. Ecco, figlia mia, siano sempre nella tua memoria queste cose e ringrazia Dio che volle, per mezzo tuo, rivelare agli altri la sua infanzia.