venerdì 7 marzo 2014

I nomi di Dio

Dio è chiamato talvolta "El" (o al plurale maiestatico "Elohim"). Nome comune della divinità, El diventa presso i semiti il nome proprio. Lo ritroviamo in "Allah", contrazione di "Il Dio" Allah. In composizione con esso ne derivano molti nomi di persona: Gabri-El "Dio è forte", Rapha-El "Dio guarisce", Mica-El "Chi come Dio?", Elisabeth "Promette da parte di Dio", Emmanu-El "Dio con noi"...
Ma Dio è l'inconoscibile: l'uomo non può dunque sapere il suo nome. Per questo Dio indica se stesso con il genitivo possessivo dei suoi amanti: "Dio di Abramo", "Dio di Gesù Cristo".
Due volte tuttavia pare che Dio si sia "definito".
La prima volta con Mosè: e fu per definirsi come l'indefinibile!
"Io sono Jahvé". Gli specialisti non sono d'accordo sul senso esatto di questa parola. Derivato dalla radice di "essere" o meglio, di "essere operante", questo nome è meno una definizione che una "indicazione":
"Esso lascia intatto, totale, il mistero di Dio. Però rende il mistero più vicino, lo fa immediato, impressionante e trasformante." (Auzou)
Il credente, israelita o cristiano, quando pronuncia questo nome ("Il nostro aiuto è nel nome del Signore") rende il suo Dio vicino e operante a suo vantaggio. Infine, non è la filologia, ma la storia che ce ne dona il senso: il nostro Dio è "Jahvé-che-ci-ha-fatto-uscire-dalla-schiavitù-d'Egitto", che agisce nella nostra storia.
La pienezza di questo nome non ci sarà resa nota definitivamente che in Gesù, abbreviazione di "Yoshuah", "Jahvé salva".
La comunicazione del nome di Jahvé ci ha fatto sapere che egli era "il Salvatore". Una seconda rivelazione ce ne dirà il perché: perché egli è "l'Amore". Rivelazione fatta ancora a Mosè, ma questa volta dopo il peccato del popolo che aveva disprezzato l'alleanza di Dio nel momento stesso in cui, sul Sinai, Dio ne stava dettando a Mosè i termini (Es. 32-34)
La prima volta Dio si è rivelato "dono". Dopo il peccato Dio si rivelerà "perdono", al di là del dono...
In Es. 34, 6-7 Dio dà, come diceva graziosamente P. Gelin, "il suo biglietto da visita".
"Jahvé, Dio materno e pieno d'amore,
ricco di tenerezza e di fedeltà".
Ognuna di queste parole è ricca di tutto un contesto storico.
"Materno": la radice indica il "seno" della madre; Dio che crea le madri, ha come loro delle viscere "ogni giorno nuove" (Lam 3,23).
"Pieno d'amore": la radice è bene espressa dall'immagine della mamma china con tutto l'affetto sul suo bimbo (cfr. il nome "Giovanni", abbreviazione di "Yo-hanan", "Dio che fa grazia").
"Tenerezza" (la parola che sconvolge Osea): immagine ne è la tenerezza che unisce due fidanzati.
"Fedeltà": il nostro "Amen"! ha la stessa radice ed esprime la sicurezza di chi sa di appoggiarsi sull'unica realtà solida.

{da "La perenne giovinezza della Bibbia" - Etienne Charpentier}