venerdì 15 novembre 2013

"Trattato del Purgatorio" di S. Caterina da Genova

Come (Caterina), per affinità con il fuoco divino che sentiva nel suo cuore e le purificava l'anima, vedeva interiormente e comprendeva la condizione delle anime in Purgatorio - per purificarsi prima di poter essere presentate al cospetto di Dio, in Paradiso.


1. Quest'anima santa (Caterina), ancora unita al corpo, si trovava nel Purgatorio dell'infuocato Amore divino, che tutta la incendiava cancellando in lei ogni impurità, di modo che, al momento di passare da questa vita, potesse essere subito presentata al cospetto del dolce Iddio. Per mezzo di questo fuoco d'amore, essa comprendeva interiormente la condizione delle anime dei fedeli nel luogo (nel tempo) del Purgatorio: erano lì per cancellare ogni ruggine di macchia di peccato che non avessero già espiato durante la vita terrena.
E come lei posta nell'amabile Purgatorio del fuoco divino stava unita a quel divino Amore, e contenta per tutto quello che Dio operava nella sua anima, così poteva comprendere lo stato delle anime che sono nel Purgatorio.

2. Allora (Caterina) diceva: «Le anime del purgatorio non possono avere al­tro desiderio che stare lì; e ciò per volontà di Dio, che giustamente ha disposto questo.
Né possono più ripensare alla vita passata, né dire: "Ho fatto tali peccati per i quali merito di stare qui", oppure "Non li vorrei aver compiuti, così ora andrei in Paradiso", e nemmeno "Quell'anima uscirà prima di me o io uscirò più presto di lei".
Infatti non possono ricordare nulla, né il bene né il male, che riguardi loro od altri, ma sono grandemente felici di fare parte del disegno di Dio e vedere che Egli opera ciò che gli piace e come gli piace, per cui non possono pensare niente di se stesse. Perché vedono la grande bontà divina e il suo modo di agire, che usa tanta misericordia verso l'uomo per attirarlo a sé, che non possono scorgere né le pene né i beni propri di ciascun altro. D'altra parte se lo potessero vedere non sarebbero nella perfetta carità.
Nemmeno possono conoscere che si trovano in quello stato a causa dei propri peccati, né possono trattenere nella mente i loro peccati, perché ciò sarebbe un'imperfezione in atto, cosa impossibile in questo luogo dove non si può più attualmente peccare.
Soltanto una volta, e precisamente nel lasciare questa vita vedono il motivo che le porta in Purgatorio; poi non possono più accorgersi di questa causa, perché (anche il ricordo) sarebbe una proprietà dell'anima.

3. Ed essendo (immerse) nella carità e non potendo più deviare da quella con un nuovo difetto (peccato veniale), non sono più in grado di decidere o desiderare altro se non il puro volere di quella perfetta bontà (che è Dio). Essendo però in quel fuoco purgativo, sono nella disposizione divina, che è carità pura, e non possono più scegliere di allontanarsi in qualche direzione da quella carità, perché non hanno più la facolta di peccare né ottenere dei meriti.

4. Non credo esista una gioia paragonabile a quella di un'anima del Purgatorio, eccetto quella dei santi del Paradiso. E questa gioia cresce di giorno in giorno per l'influsso di Dio in quelle anime, perché ciò consuma sempre più quanto impedisce l'accoglienza di quell'influsso. L'impedimento è la ruggine del peccato: il fuoco (dell'Amore divino) va consumando la ruggine e così l'anima si apre sempre più all'influsso di Dio. E' come un oggetto coperto davanti al sole, che non può ricevere i suoi raggi, non per una imperfezione del sole che splende di continuo, ma a causa della sua copertura: quando si elimina questa copertura, l'oggetto si apre al sole, la sua capacità di rifletterne (i raggi) aumenta quanto più si va assottigliando ciò che lo copre. Allo stesso modo la ruggine del peccato, che ricopre le anime del Purgatorio, si va consumando per il fuoco (dell'Amore divino) e quanto più si distrugge quanto più cresce la corrispondenza col vero sole che è Dio. Perciò quanto più diminuisce la ruggine, tanto più cresce la gioia e l'anima si apre all'influsso divino; così questa cresce e l'altra diminuisce finché non sia tutto compiuto. Non che venga meno la pena, va solo diminuendo il tempo di stare in quella pena. Le anime non possono volontariamente riconoscere che le loro pene sono davvero tali, perché gioiscono della disposizione di Dio, con la cui volontà sono unite in pura volontà.

5. Dall'altra parte, insieme alla gioia della volontà così unita (a quella divina) esse provano una pena talmente grande, che non c'è lingua che ne possa parlare né intelletto umano capace di comprenderne una minima scintilla, se Dio non gliela mostrasse con una grazia speciale. Questa scintilla mi è stata rivelata per grazia di Dio, ma non trovo parole per descriverla. Tuttavia non potrò mai dimenticare la visione che il Signore mi ha mostrato, pertanto cercherò di raccontare quello che posso e capirà colui al quale Egli vorrà aprire la mente.

6. Il fondamento di tutte le pene è il peccato, sia quello originale sia quello attuale. Dio ha creato l'anima pura e semplice, priva di ogni imperfezione e dotata di un certo istinto beatifico verso di Lui; da questo istinto la allontana il peccato originale. Quando ad esso si aggiunge il peccato attuale, l'allontana di più e quanto più si allontana tanto più cresce la malvagità dell'anima, perché corrisponde meno con Dio.
Il motivo è che tutti i beni che esistono si ottengono per partecipazione all'essere divino. Dio con le creature irrazionali agisce secondo l'ordine prefissato dalla sua volontà a cui non viene mai meno, mentre con l'anima agisce in misura maggiore o minore secondo il grado di purificazione dall'impedimento del peccato.
Perciò quando si trova un'anima che sta tornando perfetta e pura come quando fu creata, quell'istinto beatifico (verso Dio) si libera e divampa con grande impeto e forza per il fuoco della carità che la spinge talmente verso il suo fine ultimo (Dio) tanto che all'anima sembra insopportabile essere ostacolata; e quanto più scorge distintamente quel fine divino, tanto maggiore e più acuto è il suo tormento.

7. Le anime che si trovano nel Purgatorio, dato che sono senza peccato, non hanno barriere tra Dio e loro, salvo quella pena che le ha fatte attardare a realizzare quell'istinto che ha potuto trovare ancora la sua realizzazione. Vedendo allora chiaramente quanto sia grave di fronte a Dio anche solo un impedimento e che per un'esigenza di giustizia il loro istinto viene frenato, proprio per questo nasce in loro un fuoco straziante simile a quello dell'Inferno eccetto che nella colpa. E' infatti la colpa a rendere malvagia la volontà dei dannati dell'Inferno, dove la bontà di Dio non è corrisposta, perciò essi perseverano nella loro volontà disperata e malvagia contraria alla volontà divina.

8. Da ciò risulta chiarissimo come la colpa sta nella volontà perversa contraria a quella di Dio: perseverando allora nella cattiva volontà, ci si ostina anche nella colpa (nel peccato). Dato che i dannati sono passati da questa vita con una volontà malvagia, la loro colpa non è stata rimessa, né la si può rimettere perché essi non possono più cambiare la volontà perché con quella sono passati da questa vita. Proprio in tale passaggio l'anima si attesta nel bene o nel male secondo come si trova nella sua libera volontà, come sta scritto: Ubi te invenero - cioé nell'ora della morte, con la volontà o di peccato o di pentimento - ibi te indicabo.
A questo giudizio non c'è poi appello perché, dopo la morte, la libertà dell'arbitrio personale diventa immutabile e ferma sulla volontà in cui si trova in punto di morte. Così quelli che stanno all'Inferno portano eternamente la colpa e la pena: una pena non tanto grande quanto meritano, ma quella che hanno è senza fine. Le anime purganti, invece, hanno solo la pena; ma dato che sono senza colpa perché questa fu cancellata con il pentimento, la pena è temporanea e va scemando col passare del tempo, come ho già detto. O miseria più grande di ogni altra miseria e tanto più grande quanto più l'umana cecità non la considera!

9. Dico che la pena dei dannati non è infinita per la quantità perché la dolce bontà divina spande anche all'Inferno. Infatti l'uomo che muore in peccato mortale merita una pena infinita ed eterna, ma la sua misericordia ha stabilito che solo la durata sia infinita, mentre in quantità è limitata: Dio avrebbe potuto giustamente dare una pena più grande di quanto ha fatto. Puoi capire allora quanto sia pericoloso il peccato commesso con malizia di cui l'uomo difficilmente si pente; per cui, non pentendosi, rimane la colpa, che dura finché la persona si ostina nella volontà di peccato, commesso o con l'intenzione di commetterlo.

10. Al contrario le anime purganti hanno la loro volontà del tutto conforme a quella di Dio, perciò proprio a questa loro conforme volontà Dio corrisponde con la sua bontà, allora esse rimangono contente, perché la loro volontà viene purificata dal peccato originale e attuale.
Riguardo poi alla colpa, esse diventano talmente pure come quando Dio le creò, essendo passate da questa vita pentite di tutti i loro peccati e col proposito di non commetterne più. Per tale pentimento Dio subito perdona la colpa, così rimane soltanto la ruggine e la deformità del peccato che viene poi purificata nel fuoco per mezzo della pena.
Così tale anime, completamente purificate dalla colpa e unite a Dio con la volontà (corrispondente alla sua), lo vedono chiaramente nella misura in cui egli concede loro di conoscerlo.
E scoprono poi quanto sia essenziale godere di Dio e che l'anima è stata creata proprio per questo finee che c'è una grande affinità che le porta a unirsi a Lui. Tale affinità sospinge tanto verso Dio per un istinto naturale di Dio con l'anima, che non c'è ragionamento, né figura, né esempio capaci di spiegare questa cosa, cioè come la mente lo sente effettivamente e lo comprende per una luce interiore. Propongo tuttavia un esempio che mi si presenta alla mente.

11. Poniamo che nel mondo esista un solo pane che debba sfamare tutte le creature e che esse possano saziarsi solo vedendolo. Ora la creatura, cioè l'uomo, quando è sano, sente l'istinto naturale di mangiare e se non lo fa, qualora non si ammali o non muoia, la fame crescerà sempre proprio perché quello stimolo non viene meno: è contento perché sa che quel pane soltanto lo può saziare, ma non avendolo egli resta affamato.
Questo è l'Inferno che provano quanti hanno una grande fame: quanto più l'uomo si avvicina a quel pane senza poterlo vedere, tanto più acceso diventa il suo desiderio che, per istinto naturale, è completamente rivolto verso quel pane, nel quale risiede tutta la (sua) felicità.
Nel momento in cui avesse la certezza di non poter mai vedere quel pane, si inizierebbe per lui l'esatto Inferno: questo preciso Inferno provano le anime dannate perché prive completamente della speranza di contemplare il pane vero che è Dio salvatore.
Invece le anime del Purgatorio soffrono la fame perché non è concesso loro di vedere quel pane che le può nutrire, ma hanno la speranza di vederlo e di saziarsene completamente; perciò stanno in pena solo per il tempo in cui non possono sfamarsi di quel pane.


12. Oltre a questo, vedo distintamente che lo spirito purificato non trova pace in nessun luogo se non in Dio, essendo stato creato per questo fine. Ugualmente le anime in peccato possono stare solo all'Inferno, perché Dio ha predisposto per loro questo luogo, perciò nel preciso istante in cui lo spirito si separa dal corpo, l'anima va verso il posto che le si addice, senza altra guida che quella contenuta nella natura del peccato. Questo, naturalmente se l'anima parte dal corpo in peccato mortale. E dico ancora: se una tale anima non trovasse in quel passaggio l'ordine che Dio ha stabilito secondo la sua giustizia, rimarrebbe in una condizione ancora peggio dell'Inferno, perché chi è fuori da quell'ordine non può godere della divina misericordia che alle anime concede una pena minore di quanto meritano. Per questo non trovando un luogo più adatto e meno doloroso, perché Dio ha voluto così, esse si gettano immediatamente là dentro come luogo che appartiene a loro.

13. Riguardo al Purgatorio abbiamo qualcosa di simile: l'anima separata dal corpo, che non si trova in quella purezza in cui fu creata, constatando questo impedimento che può essere rimosso solo per mezzo del Purgatorio, volentieri e senza indugio vi si butta dentro. E se non trovasse questo ordine predisposto per eliminare quell'impedimento, nel medesimo istante sorgerebbe in lei un Inferno peggiore del Purgatorio perché l'anima si vedrebbe separata da Dio, che è tanto importante da non preoccuparla il Purgatorio, anche se, come dicevamo, è simile all'Inferno: ma di fronte a questo il Purgatorio non è niente.

14. Voglio dire anche che mi accorgo che per disposizione di Dio il Paradiso non ha alcuna porta e se qualcuno vuole entrare può farlo, perché Dio è somma misericordia ed è rivolto verso di noi con le braccia aperte per accoglierci nella sua gloria. Ma vedo pure che quella divina essenza è di tanta purezza e candore, molto più di quanto l'uomo possa immaginare, che l'anima con una minima imperfezione, come un granello di sabbia, preferirebbe gettarsi in uno o anche mille Inferni, piuttosto che trovarsi davanti a Dio con quella piccolissima macchia.
Vedendo allora che il Purgatorio, come più volte si è detto, è stato predisposto per mondare quella macchia, vi si getta dentro e le sembra di usufruire di una grande misericordia per eliminare ogni impedimento.

15. Non c'è lingua che possa spiegare né mente capire di quanta importanza sia il Purgatorio. Io comunque lo vedo luogo di tanta sofferenza come l'Inferno; tuttavia vedo che l'anima, che interiormente sente dentro una minima macchia, lo accoglie come un gesto di misericordia, come già detto, giudicandolo niente rispetto a quella macchia che ostacola il suo amore. Mi è sembrato pure di vedere che le anime del Purgatorio soffrono più nel vedere in se stesse qualcosa che dispiace a Dio e che se la sono procurata volontariamente calpestando l'infinità bontà divina, che per qualsiasi tormento che possano trovare là. Lo dico perché esse, trovandosi in stato di grazia, comprendono quanto sia grave ciò che impedisce di avvicinarci a Lui.

16. Io comunico quello che ho potuto capire già in questa vita, ma si tratta di cose talmente alte che, in confronto a loro, ogni immagine, ogni parola, ogni sentimento, ogni pensiero, ogni opera buona, ogni affermazione della nostra esperienza mi sembrano piuttosto bugia che verità. Utilizzando tali parole mi sento molto confusa, che soddisfatta delle espressioni usate, perché non ne trovo di più alte. Perciò evito di parlare.
Le cose che ho raccontato sono nulla rispetto a quello che percepisco con la mente: vedo infatti una corrispondenza così grande tra l'anima e Dio, il quale, non appena scopre il lei quella purezza in cui l'ha creata, le invia una sorta di attrazione, uno sguardo unitivo, con cui la lega e l'attira a sé per mezzo di un fuoco d'amore capace di annichilire persino l'anima che è immortale, ed agisce trasformandolo talmente in Dio, da non conoscere altro se non Lui.
E la attira a sé e la infiamma continuamente e mai l'abbandona fino a quando non l'ha ricondotta al suo stato originario, cioè a quell'immacolato candore in cui fu creata.

17. Quando l'anima interiormente si vede attratta da Dio con amore tanto ardente, si sente tutta liquefare per il calore di quell'infiammato amore del suo dolce Iddio, che sente traboccare dentro di sé. Allora comprende che Dio non cesserà di attrarla e portarla verso la completa perfezione, con tanta cura e impegno e in continuazione e solo per amore.
Tutta la pensa delle anime del Purgatorio consiste in questo: poiché Dio mostra loro nella propria luce quelle cose, esse si trovano impedite nell'assecondare l'attrazione divina, cioè lo sguardo che Dio rivolge a loro per attirarle a sé. Alla luce divina esse si vedono appesantite, mentre per istinto vorrebbero essere senza impedimento per poter essere attirate da quel divino sguardo. Non soffrono per la loro pena, che di per sé è già grandissima, ma soffrono per la condizione in cui si trovano, contraria al volere di Dio, che invece vedono chiaramente infiammato dal massimo e puro amore verso di loro da attirarle così fortemente con quel suo sguardo unitivo, che sembra non avere altra preoccupazione se non questa. Perciò l'anima di fronte a questo, se trovasse un altro Purgatorio che la potesse liberare più velocemente da quell'impedimento, ci si butterebbe, tanto è la potenza dell'amore che l'anima prova, simile a quello di Dio.

18. Vedo anche procedere da quel divino Amore verso l'anima alcuni raggi e vampe infuocate, così penetranti e potenti come se dovessero annientare non solo il corpo ma anche l'anima, se ciò fosse possibile.
Questi raggi compiono due effetti nell'anima, cioè prima la purificano, poi l'annientano. Pensa all'oro che più lo fondi e più diventa puro e quanto più lo puoi fondere tanto più togli in esso ogni impurità: è il fuoco che produce questo effetto nelle cose materiali. Ora l'anima non può annullarsi in Dio ma soltanto in se stessa e quanto più viene purificata, tanto più si annienta in se stessa, ma resta in Dio purificata. Come l'oro puro a 24 carati non si consuma ulteriormente, per quanto tu cerchi di aumentare la fiamma che a quel punto può bruciare soltanto residue imperfezioni, così il fuoco divino agisce nell'anima: Dio la tiene immersa nella fiamma che cancella ogni imperfezione finché raggiunga i 24 carati, ciascuna anima secondo il suo grado.
Quando poi si è purificata, l'anima resta tutta in Dio, senza alcunché di proprio, perché la purificazione dell'anima consiste nella privazione di noi a noi stessi, perché il nostro vero essere è Dio. Dopo che Dio ha riportato l'anima a Lui, cioè alla purezza di 24 carati, questa resta impassibile, perché in lei non c'è più qualcosa da consumare. E anche se quest'anima ormai purificata fosse tenuta ancora tra le fiamme, non le sarebbe penoso, al contrario le sarebbe fuoco di amore divino che dona vita eterna. Proprio come le anime beate che potrebbero stare in tale condizione (di beatitudine) anche in questa vita, se potessero starci con il corpo: ma non credo che Dio trattenga mai queste anime sulla terra, salvo che per qualche grande scopo.

19. L'anima è stata creata capace di raggiungere tutte le perfezioni, se vive secondo l'ordine di Dio e non si contamina con alcuna macchia di peccato. Ma dopo essersi contaminata col peccato originale e poi con quello attuale, perde i doni e le grazie che aveva, restando come morta: solo Dio, allora, può ridarle la vita.
Dopo essere stata risuscitata con il Battesimo, le resta la cattiva tendenza che la inclina e, se non oppone resistenza, la conduce al peccato attuale, così di nuovo muore. Allora Dio le ridà vita con un'altra grazia speciale, però l'anima è imbrattata e avvolta nel suo egoismo che per tornare allo stato originario in cui Dio l'ha creata sono necessarie tutte quelle operazioni divine, senza le quali l'anima non potrebbe ritornare nella prima condizione in cui fu creata.
E quando l'anima è in cammino per ritornare alla sua condizione primitiva, prova talmente il desiderio di unirsi a Dio che questo è il suo Purgatorio. Essa non riesce a riconoscere il Purgatorio come tale, ma quell'impulso ardente e insieme frenato è per lei il Purgatorio. Quest'ultima operazione dell'amore viene compiuta solo in assenza del corpo, perché l'anima possiede molte imperfezioni nascoste, che se la persona le potesse vedere durante la vita, vivrebbe disperata. Ma proprio questo ultimo atto d'amore va consumando le imperfezioni e Dio gliele mostra solo quando sono ormai annientate, affinché l'anima si renda conto dell'opera divina che le sta procurando il fuoco d'amore e che annienta tutto ciò che deve essere consumato.

20. Infatti ciò che l'uomo giudica imperfezione di fronte a Dio non è che difetto, perché ogni suo atto che pure gli sembra buono, come vedere, sentire, capire, decidere o ricordare, lo porta ad imbrattarsi; perché un'azione sia perfetta, bisogna che sia effettuata in noi senza di noi e che l'opera di Dio sia fatta da Dio senza partecipazione dell'uomo.
Questa è l'opera che Dio compie da solo, durante quest'ultima azione dell'amore puro e perfetto. Per questo penetra nell'anima e l'arroventa a tal punto che il corpo in cui è posta sembra agitarsi fortemente, come se si trovasse in un fuoco vivo che non lo lasciasse più tranquillo fino alla morte. Come mi sembra di capire l'amore di Dio che trabocca nell'anima le dona una gioia inesprimibile, ma alle anime che sono nel Purgatorio questa felicità non toglie nemmeno una scintilla di sofferenza. Infatti l'amore che provano, ma che viene frenato costituisce la loro pena, tanto più grande quanto è la perfezione di quel sentimento di cui Dio le ha rese capaci. Di conseguenza, le anime del Purgatorio provano una grandissima gioia e una sofferenza grandissima, senza che l'una escluda l'altra.

21.Se potessero purificarsi con il pentimento, pagherebbero in un solo istante tutto il debito, tanto profondo sarebbe l'impeto di contrizione suscitato dalla chiara visione del peso di quell'impedimento che le ostacola. Ma di quel debito non viene condonata nemmeno una scintilla, perché la divina giustizia ha  stabilito così.
L'anima, da parte sua, non può più scegliere, per cui non può vedere se non quello che vuole Dio, né vorrebbe vedere altro, perché così è stabilito da Dio.

22. Se poi coloro che vivono nel mondo offrono qualche elemosina che abbrevia la durata della sua pena (il suffragio), essa non può con gratitudine voltarsi a guardarla, ma lascia che sia Dio ad agire per ricompensare come vuole: se infatti l'anima potesse volgere altrove lo sguardo sarebbe una proprietà (un gesto di libera scelta) che la distoglierebbe dalla visione del volere divino, cosa che sarebbe per lei un Inferno.
Queste anime stanno immobili nel Purgatorio accogliendo tutto quello che Dio dona loro, sia i piaceri che le pene; e non possono più riflettere su se stesse, tanto è intima in loro la volontà di Dio da trasformarle, felici di ciò che Dio dispone.

23. Se un'anima venisse presentata al cospetto di Dio con un'ora ancora da purgare, le si farebbe un'offesa cagionandole una sofferenza più grande di dieci purgatori, poiché la somma giustizia e la pura bontà divina non potrebbero sopportare quella vista che, di fronte a Dio, sarebbe sconveniente.
Sarebbe anche intollerabile per l'anima accorgersi che Dio non è pienamente soddisfatto di lei, anche se le mancasse da scontare un solo batter di ciglia, e per togliersi ogni macchia si getterebbe subito in mille Inferni, se fosse possibile, piuttosto che rimanere ancora non del tutto purificata al cospetto di Dio.

24. Ora, vedendo chiaramente queste cose alla luce divina, avrei voglia di fare un grido così forte che se riuscisse a spaventare tutti gli uomini di questo mondo e dire loro: O miseri, che vi lasciate accecare da questo mondo e non vi preoccupate affatto di una cosa importante e inevitabile a cui andate incontro! Ve ne state tutti tranquilli sotto la speranza della Misericordia di Dio, dicendo che essa è davvero grande: ma non capite che tanta bontà divina sarà una testimonianza contro di voi, proprio perché avete agito contro la sua volontà? La bontà divina ci deve stimolare a compiere la sua volontà e non a sperare di fare il male impunemente! Non manca infatti anche la sua giustizia che, in qualche modo, si deve realizzare pienamente. Non ti fidare pensando: "Mi confesserò, poi prenderò l'indulgenza plenaria e così sarò purificato da tutti i miei peccati!". Rifletti: la Confessione e la contrizione necessarie per ottenere l'indulgenza plenaria, sono così difficili da conquistare, che se te ne rendessi conto tremeresti di paura e perderesti la tua sicurezza di riuscire ad ottenerla.

25. Io vedo ancora quelle anime, immerse nelle pene del Purgatorio, ricevere due effetti dell'azione divina. Il primo è che esse soffrono quelle sofferenze, convinte che Dio abbia compiuto un grande gesto di misericordia rispetto a quello che meritavano e rendendosi conto della sua maestà. Infatti se la bontà non mitigasse con la misericordia la giustizia, che si soddisfa con il sangue di Gesù Cristo, anche un solo peccato meriterebbe una pena eterna corrispondente a mille Inferni. Nel vedere invece la grande misericordia loro concessa, esse accettano volentieri la pena ricevuta e non la diminuirebbero di un solo carato, sapendo di meritarla giustamente secondo la perfetta disposizione divina; e non si lamentano di Dio, essendo la loro volontà come se vivessero già la vita eterna.
Il secondo effetto è che sentono una certa gioia nel vedere la divina disposizione con la quale Dio opera con l'amore e la misericordia verso le anime. Dio imprime nella loro mente queste due visioni in un solo istante, di modo che, essendo esse in grazia le comprendono in maniera autentica secondo la loro capacità personale. Così non viene mai a mancare la gioia che ne deriva e che, anzi, cresce avvicinandosi sempre di più a Dio.
Le anime non vedono queste cose dentro se stesse né per merito loro, ma le vedono in Dio, al quale rivolgono maggiore attenzione  piuttosto che alle pene che patiscono, poiché lo ritengono più importante.
Questo perché la visione di Dio per quanto possa essere limitata, supera ogni pena e gioia che l'uomo possa provare; ma anche se le supera, non toglie loro nemmeno una scintilla di pena o felicità.

26.Questo cammino di purificazione che vedo per le anime del Purgatorio lo sento alla stessa maniera interiormente, soprattutto da due anni, e ogni giorno lo vedo e lo sento più chiaramente. Sento infatti la mia anima stare nel corpo come in un Purgatorio, il quale diventa sempre più simile al vero Purgatorio, nella misura però in cui il corpo lo possa sopportare, affinché non perisca; tuttavia va sempre crescendo, finché il corpo non morirà.
Io vedo il mio spirito alienato da tutte le cose immateriale che gli possono dare sostegno, ad esempio l'allegria o la consolazione, che lo potrebbero saziare. Egli non può gustare qualsiasi cosa spirituale né per decisione della volontà, né per riflessione dell'intelletto, né per sforzo di memoria in modo che io possa dire: "Questa cosa mi piace più di quell'altra".

27. La mia parte interiore si trova come paralizzata, tutte quelle cose che rallegravano la vita spirituale o fisica le sono state tolte a poco a poco. Una volta tolte, il mio spirito ha capito che erano tutte cose di consolazione, e proprio per questo, le allontana senza alcuna riserva. Infatti lo spirito ha in sé questo istinto di eliminare ogni cosa che impedisce la sua perfezione e lo fa anche con crudeltà pur di realizzare il suo scopo, tanto che sarebbe disposto perfino a mettere il suo corpo all'Inferno. Perciò sottrae all'uomo interiore tutte quelle cose che lo possono nutrire e lo assedia così sottilmente che non lascia filtrare la minima briciola di conforto, che appena veduta, è da lui aborrita.
Per questo motivo dentro l'anima (di Caterina) creswceva l'assedio e non poteva sopportare che quelle persone che la frequentavano e che parevano già sulla via della perfezione, si consolassero con qualcosa. E quando le scorgeva intente a godere di un cibo che già lei aveva allontanato, lasciava quel posto per non vederle, specialmente se erano persone a lei care.

28.  Quanto al corpo, perché mancava la corrispondenza con lo spirito, (Caterina) si sentiva talmente assediata da non trovare sulla terra cosa alcuna che la potesse confortare secondo l'umano istinto. Altro sostegno non le restava che Dio, il quale opera con grande amore e misericordia per dare compimento alla sua giustizia; accorgendosi di questo le sorgeva una grande gioia e insieme una grande pace. Ma non per questo lei esce di prigione, né lei cerca di uscirne, fino a quando Dio non abbia compiuto tutto ciò che è necessario. La sua felicità sta nel vedere che Dio è soddisfatto e non le si potrebbe dare pena più grande che quella di porsi fuori della volontà divina, tanto la vede giusta e ricca di misericordia. E diceva: "Sto vedendo e sperimentando tutte queste cose, ma non riesco a trovare parole adatte per esprimere quanto vorrei dire. Quello che ho detto, lo sento agire interiormente, nello spirito."

29. La prigione nella quale mi sembra di stare è il mondo, le catene sono il corpo, l'anima, illuminata dalla grazia, conosce bene queste cose e sa quanto costa essere privati (del proprio fine, cioè della visione di Dio) oppure trattenuti nel cammino verso il proprio fine. Essa è molto fragile, ma Dio, per grazia, le dona una certa dignità che la unisce a sé, cioè la rende simile a lui partecipandole la sua bontà. Di conseguenza, come è impossibile che Dio possa provare qualche pena, così quelle anime che si avvicinano a lui partecipano tanto del suo essere quanto più si avvicinano a lui. Perciò il ritardo che deve subire un'anima le causa sofferenza; questa pena e questo ritardo non è una proprietà che essa possiede per natura.
Queste cose le vengono mostrate per grazia, ma non potendole ancora ottenere pur essendone capace, le resta una sofferenza tanto grande quanto la stima che ha per Dio per quanto a un'anima è dato di conoscere e di apprezzare.
La conoscenza e la stima, poi, aumentano man mano che essa si purifica dal peccato, perciò l'ostacolo diventa sempre più insopportabile, finché l'anima resta tutta raccolta in Dio e, libera da ogni impedimento, lo può conoscere senza errore.

30. L'uomo, che pure preferisce farsi uccidere prima di offendere Dio, prova sofferenza nell'abbandonare questa vita, ma la luce divina gli infonde un tale zelo che gli fa mettere al primo posto l'onore di Dio rispetto alla propria morte fisica.
Allo stesso modo l'anima, conosciuto il piano divino, lo giudica molto più importante di tutti i tormenti spirituali o corporali, per quanto terribili possano essere, proprio perché Dio, per il quale si compie quest'opera, è più grande di qualsiasi cosa che si possa immaginare o sperimentare.
L'anima, come hp già detto, non può più vedere né dire parole che riguardino se stessa o la causa della sua pena, ma conosce tutto in un solo istante e non dentro di sé, perché è così presa da Dio che, per quanto piccola possa essere quella presenza, la riempie talmente da allontanare ogni cosa, per cui non può pensare ad altro. Dio libera da tutto ciò che è umano, il Purgatorio lo purifica.

Fonte della foto: http://www.lanternafil.it/Public/SantaCaterina/caterina.htm