Dio, dunque consapevole d'aver tutto in se stesso per la sua eterna felicità, era mosso dal solo ardore della sua carità a creare, affinché altri potessero partecipare del suo ineffabile gaudio. Creò, dunque, una moltitudine innumerevole di angeli, dando loro la libertà di arbitrio, per fare, nei limiti della loro capacità, quanto volevano, affinché come Egli, senza alcuna costrizione ma per la sua ardente carità, li aveva creati per loro stesso interminabile gaudio, così anch'essi, non per costrizione, ma con libera volontà, rendessero incessantemente al loro Creatore amore per amore, e omaggio di gratitudine per l'interminabile gaudio. Ma, nello stesso momento che furono creati, alcuni di essi, abusando malamente del dono gratissimo del libero arbitrio, cominciarono ad invidiare maliziosamente il loro Creatore, invece di riamarlo sommamente, come avrebbero dovuto, per il suo grandissimo amore. Perciò decaddero subito, giustamente, con la loro malizia, dalla loro eterna felicità in una interminabile miseria. Altri angeli, invece, rimasero con la loro carità nella gloria loro preparata da Dio, riamandolo ardentemente per il suo amore e contemplando in lui ogni bellezza, ogni potenza ed ogni virtù.
Dalla contemplazione di Dio, gli angeli compresero pure ch'egli solo esisteva senza principio e senza fine, e che essi erano stati da lui creati, e che quanto di bene avevano lo dovevano alla sua bontà e potenza. Conobbero anche, nella sua visione beatifica, ch'essi erano stati fatti così sapienti, dalla sapienza di lui, da poter prevedere con chiarezza, nei limiti concessi da Dio, tutte le cose future; delle quali abbracciarono con intimo affetto la previsione che Dio, per sua umiltà e carità, voleva di nuovo riempire, per gloria sua e consolazione delle sue schiere, le mansioni celesti, dalle quali erano decaduti gli angeli per la loro superbia ed invidia. Contemplavano pure, in quel benedetto specchio, cioè in Dio loro Creatore, una sede veneranda, così vicina allo stesso Dio, che sembrava impossibile potersene fare una più vicina, e conobbero pure che ancora non era creato chi era destinato a quella sede. Inoltre, per la visione della chiarità divina, l'amore di Dio li infiammava talmente in un istante, che ognuno amava l'altro come se stesso. Però amavano Dio sommamente e sopra tutte le cose; ed anche più che se stessi, quell'essere non ancora creato, che doveva esser collocato nella sede più vicina a Dio, perché vedevano che Dio amava sommamente quell'essere non ancora creato, e che di esso aveva massima compiacenza.
O consolazione di tutti, Vergine Maria, tu sei quell'essere, per il quale gli angeli dal principio della loro creazione arsero di tanto amore che, sebbene fossero ineffabilmente beati per la soavità e splendore che avevano nella visione e vicinanza di Dio, pure furono moltissimo lieti che tu dovessi essere più vicina di essi a Dio, e che a te fosse riservato più grande amore e maggior godimento di quello ch'essi avevano.
Vedevano pure su quella sede una corona di tanta bellezza e dignità che nessuna maestà doveva superarla all'infuori di Dio. Quindi, pur sapendo che Dio aveva veramente grande onore e gioia per aver creati loro, vedevano però che a Dio derivava più grande onore e gioia dal fatto che tu dovevi esser creata a tanto sublime corona. E perciò gli stessi angeli esultavano più perché Dio voleva creare te, che perché aveva creati loro. E così, Vergine santissima, fosti di gioia agli angeli, appena creati, tu che a Dio senza principio fosti di sommo diletto. E così veramente Dio con gli angeli e gli angeli con Dio intimamente si compiacevano di te, degnissima fra tutte le creature, già prima che fossi creata.