Il mio cuore è ferito dai peccati del mondo, ma particolarmente da quei sacerdoti che ogni mattina con le loro mani sacrileghe toccano il mio corpo e il mio sangue. In quel momento mi addoloro di più. Io ho regalato un dono particolare a loro: il sacerdozio. E loro mi feriscono di più.
Ci sono sacerdoti che pensano a celebrare in un attimo, meccanicamente, perché devono correre per incontrarsi con questa o con quella persona. Vanno in giro pure a fare peccati. Sono stanchi, non hanno tempo e magari corrono dall'amica, dall'amico. Là hanno tutto il tempo, vanno a cene, vanno a pranzi, vanno a divertirsi, e se va un'anima bisognosa non la confessano, non la consigliano. "Vieni domani, dopodomani". Altri si camuffano dietro una malattia per farsi preti. Si fanno preti per disperazione oppure per una vita comoda, perché non possono studiare quello che vogliono. Vogliono un'altra cosa, vogliono la loro libertà, pensano che da preti nessuno li giudica. Non è una vera chiamata questa! Tutte queste cose a Me fanno male! Toccano il mio corpo ed il mio sangue, non sono contenti del dono che gli dò e mi calpestano col peccato. Io mi immolai sulla croce per tutto il mondo, ma particolarmente per loro. Quanto denaro spendono per comprarsi macchine, vestiti, ne cambiano uno al giorno. Quanti poveretti vanno alla loro porta per chiedere qualcosa e loro gli dicono: "Noi con la Messa viviamo", e non l'aiutano. Quanti cercano un favore e li ingannano: "Te lo faccio, ho parlato, non ho parlato", un sacco di bugie e di imbrogli. Il vero sacerdote deve avere prima la chiamata e poi deve sapere a cosa va incontro: all'amore di Dio, all'amore del prossimo, alla carità vivente con le anime.