La fatica più grande che debbono affrontare le persone che si dedicano alla preghiera è la mancanza di devozione in cui spesso si trovano, poiché quando essa non manca, non vi è cosa più facile e più dolce che il pregare. Per questa ragione, poiché abbiamo già trattato l'argomento della preghiera e il modo in cui essa deve svolgersi, sarà bene che trattiamo adesso delle difficoltà e delle tentazioni più comuni delle persone devote e di alcune avvertenze di cui tener conto in questi esercizi. In primo luogo, sarà opportuno dire chiaramente cos'è la devozione per sapere prima quale sia il bene in cui ci impegnarne.
La devozione (dice san Tommaso) è una virtù che rende l'uomo sollecito e pronto a tutte le altre virtù e che ridesta e sollecita al bene operare (II Quest., 82, art. 1).
Questa definizione dichiara in modo manifesto la grande necessità e utilità di questa virtù in cui è rinchiuso più di quanto si possa pensare.
Per la qual cosa, bisogna sapere che il maggiore impedimento al vivere bene è la corruzione della natura umana derivata dal peccato, da cui procedono la nostra inclinazione al male e la difficoltà e la lentezza nell'operare il bene. Queste due ci rendono molto difficile il cammino della virtù, che è di per sé la cosa più bella, più amabile, più onorevole del mondo.
Contro questa difficoltà e lentezza, la divina sapienza progettò il più adeguato rimedio che è la virtù e il soccorso della devozione poiché, come il vento di tramontana disperde le nubi e lascia il cielo sereno e sgombro, così la vera devozione spazza dalla nostra anima ogni lentezza e difficoltà e la lascia idonea e sgombra per ogni bene; questa è una virtù tale da essere un dono dello Spirito Santo, una rugiada del cielo, un aiuto, una visitazione di Dio, raggiunto con la preghiera, la cui prerogativa è combattere contro la difficoltà e la lentezza, vincere la tiepidezza, dare prontezza, riempire l'anima di buoni desideri, illuminare l'intelletto, rafforzare la volontà, accendere l'amore a Dio, spegnere le fiamme dei turpi desideri, generare distacco dal mondo e odio per il peccato, imprimere all'uomo un nuovo fervore, un nuovo spirito, una nuova forza, un nuovo respiro per operare il bene.
Così come fu Sansone che, quando aveva i capelli, aveva maggiore forza di tutti gli altri uomini del mondo e, quando ne restò senza, era debole come tutti gli altri, così è anche l'anima del cristiano quando ha la devozione; quando non l'ha è debole. Questo, dunque, è ciò che volle dire san Tommaso in quella definizione e questa è senza dubbio la più grande lode che si possa fare di questa virtù, che, pur essendo una sola, è uno stimolo e uno sprone per tutte le altre; per questo, chi desidera davvero procedere per la strada delle virtù non deve andare avanti senza questi sproni, perché non potrà, senza di essi, scuotere la sua bestia dalla pigrizia.
Da ciò che si è detto, appare chiaro cosa sia la vera ed essenziale devozione. Non è devozione, infatti, quella tenerezza del cuore o quel conforto provato qualche volta da coloro che pregano, che non si accompagni alla prontezza e alla voglia di fare il bene; anzi, spesso accade che ci si trovi nell'uno senza l'altro, proprio quando il Signore vuole metterci alla prova.
È vero che da questa devozione e prontezza molte volte nasce quella consolazione e, al contrario, questa stessa consolazione e piacere spirituale aumentano la devozione, che consiste proprio nella franchezza e nell'ansia di operare il bene. Per questa ragione, i servi di Dio possono ben a ragione desiderare e richiedere tale gioia e consolazione non per il piacere che in esse si prova, bensì perché provocano la crescita di quella devozione che ci rende capaci di fare il bene, come li volle indicare il profeta, dicendo: Ho percorso la strada dei tuoi comandamenti,
Signore, quando hai allargato il mio cuore (Sal 118, 32), vale a dire con la gioia della tua consolazione che fu la causa di questa spirituale agilità.
Cerchiamo ora di esaminare i mezzi con cui si consegue questa devozione, perché ad essa si congiungono tutte le altre virtù che hanno familiarità speciale con Dio, di esaminare i mezzi con cui si riesce a conseguire la perfetta preghiera e contemplazione, le consolazioni dello Spirito Santo, l'amore di Dio, la saggezza celeste e quell'unione del nostro spirito con Dio, che è il fine di tutta la vita spirituale, e infine di esaminare i mezzi con cui si raggiunge Dio stesso in questa vita, cioè il tesoro del Vangelo, che è la perla preziosa per cui il saggio mercante si disfece lietamente di ogni altra cosa. Donde appare evidente che questa è un'altissima teologia, poiché qui si insegna la via per il sommo bene e, passo per passo, si costruisce una scala per raggiungere il frutto della felicità che in questa vita si può ottenere.
{Da "Trattato sulla preghiera e la meditazione" - San Pietro d'Alcantara}