Ma è proprio vero che c’è un vantaggio a chiedere a Dio di realizzare in noi questo “innesto mistico” ? Certo! Un vantaggio immenso! Le anime “innestate” finiscono per sentirsi in Paradiso. Quando un’anima accoglie in sé la Divina Volontà, e lo fa con amore, per amore, al punto che la suddetta Volontà può fissarvi liberamente la sua dimora, in modo stabile e sicuro, quell’anima diventa Paradiso, non può rimanere più a lungo quello che è. Se già non è Paradiso, lo diventa, ed è cosa normale, perché la linfa di Dio, che è la sua Divina Volontà, trasforma in Paradiso il posto dove risiede, sia che si tratti dell’anima di un individuo, oppure dell’anima di una collettività. Le persone e le comunità che accettano l’innesto mistico finiscono per abbandonare l’orgoglio, la ribellione, l’egoismo, tutti quei “virus” che il Peccato originale ha generato in noi, esseri umani. Li abbandonano per forza di cose, come fanno quei rami innestati che inevitabilmente finiscono per produrre la qualità dei frutti del nuovo innesto.
Per noi che viviamo in questo tempo di transizione purificatrice, è un conforto il sapere che nel corso del millennio che è appena iniziato, questo ideale di vita santa sarà adottato dalla quasi totalità degli esseri umani, e farà nascere sulla nostra terra l’Era nuova, il Millennio felice, l’Era dello Spirito Santo.Questo è quanto ci lasciano intravedere i messaggi dei Profeti cristiani contemporanei, compresi quelli di Luisa Piccarreta.
8. – Divin Volere : Tre esempi concreti per illustrarne il senso.
Sulla base degli insegnamenti di Luisa Piccarreta [IV][130] molti lettori s’interrogano sulla differenza che c’è tra fare la Divina Volontà e vivere nella Divina Volontà. Avevo anch’io questo problema, e avendo chiesto aiuto al Signore, la spiegazione mi è venuta in tre successivi momenti, con tre immagini diverse.
1 – Autista privato:
Mentre riflettevo sul contenuto di un articolo che avevo appena letto in una rivista che parlava di automobili, mi sono trovato mentalmente alla guida della mia automobile. Solita posizione, il volante tra le mani. Sentendo che al mio fianco c’era un passeggero, mi sono girato a destra per vedere chi era. Con mia grande sorpresa ho scoperto che si trattava di Gesù. Proprio Lui, in persona! Stava lì, seduto a mio fianco, tranquillo, e occasionalmente mi dava un buon consiglio su che strada prendere, dove girare, quando rallentare, eccetera. Io lo ascoltavo, e seguivo i suoi consigli con sincera gratitudine, anche perché vedevo che mi erano di grande aiuto.
“Questo è fare la Volontà divina”, mi sono sentito dire all’interno da una voce silenziosa.
Qualche istante dopo mi sono trovato seduto come passeggero, alla destra dell’autista. Guardando verso sinistra per vedere chi guidava, ho scoperto con meraviglia che il mio illustre Passeggero di un momento prima, ora era diventato autista, il mio. Gesù in persona stava al volante della mia macchina e la guidava bene, come uno chauffeur di professione. Ci eravamo scambiati di posto, e con Gesù come autista mi sembrava che il mondo non era più quello di prima, nel senso che con Lui al volante non ci sarebbe potuto mai capitare un incidente grave. Mi sentivo al sicuro. Mentre Lui guidava avrei potuto persino chiudere gli occhi, e riposarmi.
“Questo è vivere nella Volontà divina”, mi ha suggerito dall’interno la voce silenziosa.
Ricordo di aver pensato, e forse detto: Ma è normale questo? È mai possibile che Dio mi faccia da autista? Non ci posso credere! A questo mio ragionamento Gesù ha risposto: Cos’è più facile, morire in croce o guidare la tua macchina, farti da autista? Siccome continuava a guidare la mia macchina con tanta naturalezza, gli ho ancora detto: Col privilegio dell’autista potrei quasi chiudere gli occhi, riposarmi la mente. E se mi addormento? Senza distrarsi dalla guida, il mio caro, divino, adorabile “Chauffeur” ha sorriso, poi mi ha detto: Se ti addormenti, penserò Io a tutto.
Da qui ho capito che quando l’uomo rinuncia alla propria volontà per vivere nella Volontà divina, è come se cedesse al Signore il volante della propria macchina, cioè la guida della propria vita. I vantaggi che ha non hanno fine.
2 – Gli scacchi.
Il giorno dopo mi permetto ancora di dire al Signore: Signore, non vi sembra che manchi qualcosa per far comprendere ancora meglio, e a tutti quanti, quello che ieri mi avete concesso di capire tramite l’immagine dell’autista privato? Non avreste per caso un’altra immagine per coloro che, spinti dalla buona volontà, hanno veramente sete di capire ancora meglio questa lezione? Mi sembra che…
Non ho finito di formulare la richiesta, che mi si presenta un’altra immagine. Vedo due Esseri che giocano a scacchi. Da solo non sarei mai riuscito a immaginare che Dio possa mettersi a giocare a scacchi col Diavolo. Eppure… Ma sento che si tratta di un’immagine, e che devo viverla. Mi applico quindi a capire l’immagine.
Innanzi tutto capisco che i pezzi del gioco che sono mossi sulla scacchiera sono degli esseri umani, nel senso che li rappresentano; e mi sembra addirittura di riconoscermi in una pedina, direi tra le più piccole… Mi rendo conto che al gioco degli scacchi anche una semplice pedina può essere preziosissima, se per esempio si trova al posto giusto, al momento giusto. Tutto dipende dalla strategia di colui che studia le mosse che deve fare.
Mentre osservo il gioco, mi diventa sempre più evidente che il Buon Dio è in posizione di svantaggio. Nell’immagine il Buon Dio è mio Papà. Penso: «È impossibile che mio Papà, che è Dio, non vinca la partita. Dio è più forte del Diavolo. Il Diavolo è una creatura, e non può vincere contro il suo Creatore. Il Creatore è necessariamente più intelligente delle sue creature, anche le più intelligenti.»
Eppure… Lo svantaggio di mio Papà-Dio è ben visibile. Allora lo guardo con occhi pieni di ansia. Sono come un bambinello che guarda il Papà, lo sa onnipotente, e malgrado ciò lo vede indietreggiare di fronte a un brutto e misterioso avversario vestito di nero. Peggio ancora, vedo che a tratti a mio Papà gli vengono le lacrime agli occhi, o quasi, perché il gioco lo obbliga a cedere uno, due, o magari tre dei suoi pezzi, che per lui sono così preziosi … Il bambino che sono nella visione si ribella all’idea che suo Papà, che è bravissimo, il più bravo di tutti, perda terreno di fronte a un avversario così brutto, ma brutto! Bambino in tutto, scopro per la prima volta l’esistenza del male: un qualcosa di brutto e di opprimente che sembra capace di sconfiggere il bello e il buono, di sopprimerlo, di ucciderlo, di annientarlo, il che per me non ha senso. Per la prima volta nella mia vita scopro l’esistenza del male e della morte, e ne soffro moltissimo. Non riesco a concepire che la morte possa vincere la vita, nemmeno in forma parziale, nemmeno per un istante. Il fanciullino che sono nella visione ha bisogno di un aiuto, di una luce, ha bisogno di una spiegazione che gli permetta di respingere un dubbio così schiacciante, così atroce … Non potendone più mi metto a dire con voce di pianto: Papà … ! Papà … ! Papà … ! Non voglio che perdiate. Non voglio. Fate qualcosa. Siete Dio. Siete onnipotente. Io lo so … lo so che siete onnipotente … e allora dovete vincere. Non potete perdere. Dovete vincere … vincere … Voglio che siate vincitore.
Mi sento schiacciato, pieno di dolore, immerso nel dispiacere, e mentre soffro di questa esperienza i miei occhi si mettono a guardare la scacchiera. La guardo, la fisso, e mentre la fisso … così, senza un motivo particolare, di punto in bianco… Tieh! Ecco la spiegazione! Ce l’ho davanti agli occhi la spiegazione! Scopro, infatti, che tutti i pezzi che appartengono a mio Papà hanno il privilegio di essere dotati di libertà, e che alcuni di essi, credendosi in posizione di svantaggio, anziché rimanere sul quadratino dove Dio li ha messi, si spostano da soli, chi verso un quadrato vicino, e chi più lontano ancora. Ed è questa loro mancanza di fiducia nei riguardi del Papà – mio e loro – che provoca la loro perdita, la loro squalifica.
Sempre nella visione, pur rimanendo il fanciullino che sento di essere, capisco che mio Papà è davvero onnipotente, ma che la libertà che la sua legge d’amore esige nei confronti dei pezzi presenti nel suo gioco, lo mette in una posizione di svantaggio di fronte all’Avversario. Invece nel campo di questi non c’è nessuna libertà. Al posto della libertà c’è la paura; ed è tramite la suddetta paura che l’Avversario riesce a mantenere ogni suo pezzo solidamente ancorato al quadratino che la sua diabolica intelligenza gli sceglie di volta in volta.
A questo punto mi ritrovo da questa parte della realtà, quella di tutti i giorni, e la voce silenziosa mi dice: «Mia cara, piccola pedina, ti ricordi quel testo che diceva che qualsiasi cosa avvenga, Io ricostruirò la mia Chiesa?» Me lo ricordo, sì, ma non con le parole esatte, e allora cerco il testo. Trovato il testo mi metto a rileggerlo. Porta la data del 19 marzo 1969, e dice: «Il mondo moderno è la mia rinnovata Passione. Anche se tutti i miei Sacerdoti mi dovessero abbandonare, come fu il caso per i miei Discepoli, e uno solo rimanesse sul Golgota, come fu il caso per Giovanni, tramite quel Giovanni Io rinnoverò il mondo. »
La rilettura di questo testo mi fa capire che la vittoria finale appartiene a Dio. La cosa è certa, sicura, ma durante la “partita” che oppone Dio all’Avversario ci possono essere delle sconfitte apparenti di Dio, delle vittorie apparenti della morte sulla vita, del male sul bene, di Satana su Cristo, dell’Infelicità sulla Felicità. E tuttavia, anche se sembra che a volte la morte trionfi sulla vita, tale trionfo non sarà mai definitivo ma sempre provvisorio. Dio ha deciso che il bene e il male si separino l’uno dall’altro in questa maniera, che la morte si squalifichi da se stessa credendosi vittoriosa sulla vita. Quello che conta, dunque, non sono le vittorie temporali e transitorie, ma solo quella finale.
Sto riflettendo su quanto il Signore mi ha appena fatto capire. Aspetto un commento da parte della voce silenziosa, ma siccome non viene, ne deduco che l’esperienza che ho appena vissuto dev’essere chiara a sufficienza. Per me lo è, ma mi chiedo sempre se lo è anche per tutti gli altri. Intuisco che se una persona non ama la Verità con cuore sincero, queste immagini, malgrado la loro potente chiarezza, non le saranno sufficienti. Mi chiedo che cos’é che impedisce certe persone di lasciarsi convincere dalle spiegazioni che la Provvidenza di Dio manda a tutti indistintamente. Allora la Voce immateriale si fa udire di nuovo, e mi parla così:
«Esistono due tipi di persone. Le prime si accontentano di quello che offre la Provvidenza, le seconde invece non si vogliono accontentare. Le prime credono alla Provvidenza, le seconde non ci vogliono credere. Le prime hanno buona volontà, le seconde invece non ne hanno, e non vogliono neppure averla. Le prime sono come bambinelle che inventano la loro felicità con quello che ricevono dagli adulti dai quali sanno di dipendere, le seconde invece hanno un’anima che assomiglia a quella dei contestatori professionali. Non c’è nulla che le convinca di accettare la Verità quando qualcuno la propone. Per esse la Verità non esiste, o se esiste, non ha nessun valore. Non amano la Verità, la odiano. Se si accorgono che la Verità sta per nascere da qualche parte, le negano in anticipo il diritto di nascere, la uccidono prima che nasca, la fanno abortire. Di conseguenza, se un testimonio della Verità non dice il suo nome, la sua testimonianza non è valida, se invece lo dice, è il suo nome che non è valido. Se un libro presenta la Verità con tanto di “Imprimatur”, si tratta per loro di vecchio paternalismo, se invece si presenta senza nessun “Imprimatur”, guai a colui che ha osato pubblicarlo in simile stato! »
A queste condizioni, mi dico, a che scopo indugiare oltre? È meglio che continui per la mia strada senza perdere altro tempo, che faccia quel che Virgilio consigliava di fare al suo caro compagno Dante Alighieri durante il viaggio che insieme facevano tra i meandri dell’inferno: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
3 – L’amore al suo apice.
Ora per me esistono tre tipi d’amore: primitivo, evoluto, divinizzato. Per vederci più chiaro sarà necessario leggere l’episodio che segue, che ormai fa parte delle mie esperienze personali.
Tempo fa mi è capitato di contemplare spiritualmente tre coppie di novelli sposi. Le tre coppie erano tutte nel loro periodo detto “luna di miele”, e guardandole vivere ho notato che in ognuna di esse i due sposi avevano l’uno per l’altro gli stessi gesti di gentilezza, di affetto, di attaccamento reciproco, di passione amorosa. Di primo acchito nessuna differenza esteriore permetteva di distinguere qual’era la coppia che si amava meglio, o “di più”, ma quando – subito dopo – mi è stato concesso di “vedere” nell’anima degli sposi, ho costatato che malgrado l’apparente identità dei gesti esteriori, le tre coppie non si amavano allo stesso modo. Nella prima coppia la passione amorosa era presente in ambedue gli sposi come conseguenza del bisogno che essi avevano di ricevere amore; nella seconda coppia la passione era presente in ambedue gli sposi come conseguenza del bisogno che essi avevano di dare amore (oltre che riceverlo); nella terza coppia, la passione amorosa era presente in ambedue gli sposi come conseguenza di un bisogno specialissimo, quello di amare Dio insieme. Significa che ambedue gli sposi volevano amare Dio, ma non solo come individui, cioè ognuno per sè, ma collettivamente, cioè insieme, come coppia.
Qui ha parlato la mia coscienza. Mi ha chiesto:
− “Se Dio ti chiamasse a scegliere per te una di queste tre forme amorose, quale sceglieresti?”
− “La terza!”
− “Perché la terza?”
− Perché l’amore ideale io lo percepisco nella terza coppia. La terza coppia mi fa capire che l’amore umano, amore creato, diventa completamente degno dell’Amore increato (dando così il meglio di sè, sbocciando in tutto il suo splendore) solo quando accetta di unirsi a Lui – all’Amore increato – in maniera collettiva oltre che individuale. È logico che nelle tre coppie ambedue gli sposi possono permettersi di amare Dio individualmente, ma se ambedue accettano di amare Dio collettivamente, come coppia, ecco che il loro amore umano diventa ideale, ovverossia perfetto. Questo è quanto io percepisco. Sono convinto che il nostro mondo per diventare Paradiso avrà bisogno di questo tipo d’amore. Solo un amore a carattere universale – che io sappia – è in grado di garantire il Paradiso in terra mantenendo tutti gli esseri umani uniti tra di loro e uniti a Dio (senso orizzontale e senso verticale dell’unione).
Mi sembra che per forza di cose l’amore vissuto nel Divin Volere sarà un amore che abbraccerà l’universo, non solo quello immanente (senso orizzontale) ma anche quello trascendente (senso verticale). Questo tipo d’amore io l’ho sentito presente solo nella terza coppia. È da essa che ho potuto capire come sarà l’amore umano – sia esso coniugale, fraterno, materno, paterno, filiale, amicale, patriottico – quando sarà divinizzato.
{Fonte: http://prenoviziomarco1980.wordpress.com/}