mercoledì 20 maggio 2015

Da "Gesù il Cristo" - Karl Adam

Tutto il suo essere e il suo vivere è, in tutto e per tutto, unità, decisione, lucidità: pura chiarezza, pura verità. Lasciava tale impressione di veracità, di lealtà, di rettitudine e di forza che neppure i suoi nemici potevano sottrarsene: Maestro, noi sappiamo che tu sei veritiero e non hai paura di nessuno.
Proprio qui, in questa unità, in questa rettitudine, chiarezza del suo intimo sta la spiegazione psicologica della sua lotta a morte contro i farisei, contro i sepolcri imbiancati, contro quei rappresentanti di tutto ciò che è falso, basso, puramente esteriore, di ciò che rende intollerabile la religione e la vita. Tale condotta gli ha aperto la via della croce…
Gesù è un carattere eroico al sommo grado: è l’eroismo incarnato. Tale senso d’eroismo, tale assoluta dedizione della vita alla verità conosciuta, egli esige anche dai suoi discepoli. Per lui l’eroismo è la regola. Al giovane ricco che ha osservato tutti i comandamenti, manca ancora una cosa: 'Va’, vendi tutto, poi seguimi'.




La sostanza della fede cristiana e qualcosa di completamente nuovo nella storia: per questo, in nessun modo, può essere considerata come creazione umana, o come espressione prodotta dalla fede della stessa comunità cristiana.
Sarebbe, per sé, certamente pensabile che la forza della leggenda o della pia credenza, oppure il culto entusiasta di un eroe, o, se si vuole, una consapevole arte letteraria, possa giungere ad innalzare e a glorificare talmente un personaggio puramente umano, da fame una divinità. In questo caso, un processo puramente naturale e spontaneo, oppure voluto dall'arte, avrebbe dato origine all'apoteosi d'un essere puramente umano. Ma sul terreno delle concezioni cristiane, non v'era posto per tale apoteosi.
Infatti nella fede nel Cristo non v'e indizio di glorificazione progressiva, non si tratta già della divinizzazione d'un essere puramente umano, ma piuttosto della professione di fede religiosa in un essere che è e rimane integralmente, completamente, nettamente uomo. Il mistero di tale fede sta appunto in questo: nel fatto che questa integra e completa natura umana e unita personalmente con la divinità.
Il nucleo centrale della fede cristiana sta proprio in questo paradosso: «Un uomo completo e vero, e, nondimeno, Figlio di Dio! ».
Proprio per questo mancava agli evangelisti, agli apostoli e alla loro comunità di fedeli qualsiasi stimolo dogmatico per glorificare, per innalzare comunque fino alla divinità la figura umana di Gesù.
Il loro interesse dogmatico invece converge piuttosto verso la bassezza dell'umanità, verso il fatto che quest'uomo, Gesù, proprio come noi è nato e muore, proprio come noi soffre fame e sete, proprio come noi e afflitto e piange.
Nella storia delle religioni manca qualsiasi parallelo ad una fede siffatta che crede all'integra umanità del Figlio di Dio. In quelle religioni in cui frequentemente accadono delle divinizzazioni, troviamo che l'elemento umano viene dal divino e scompare in esso. Quando Antinoo, favorito dell'imperatore Adriano, morì affogato nel Nilo, fu subito adorato come trasfigurato in Osiride. Non altrimenti accadde nel culto di Simone, di Menandro e di Eichasai.
Il risultato della metamorfosi non era un uomo-dio, ma solo la divinità, la pienezza della divinità. I Kyrioi delle comunità unite per la celebrazione dei misteri pagani non stanno affatto, come il Verbo fattosi uomo, tra Dio e gli uomini, Essi non sono la via che conduce al Padre, i mediatori. Essi stessi sono l'apparizione della divinità. Per questo lo scopo fondamentale cui tendeva la mistica pagana della salvezza non consisteva nell’unione dell'essere col mediatore, al fine di raggiungere per mezzo suo la divinità, ma consisteva nella divinizzazione del mistero in senso assoluto. Il consacrato stesso diventa Iside o Mitra.
Per tale divinizzazione mancava al Cristianesimo qualsiasi fondamento, perché il suo Cristo e, e rimase, pienamente e completamente uomo, e, appunto per mezzo della sua umanità, opera la salvezza.
Altra divergenza fondamentale: il Dio che e unito con  questa umanità, per i cristiani non e un Dio, uno tra i molti dei o dee, uno tra i mille possibili intermediari fra gli esseri: terrestri e il Dio supremo. Il Dio, che e Cristo, e nella sua unione col Padre e con lo Spirito Santo il solo Dio, l'unico Dio del cielo e della terra: Deus solus.
Il solo, l'unico Dio dell'Antico Testamento si continua: qui, in quest'uomo, che è Figlio di Dio sulla terra. In nessun luogo, in tutto l'ambito della storia delle religioni, si trova quest'unico Dio e quest'unico Cristo.
In questo concetto cristiano sta la seconda nota caratteristica che lo distingue da tutti i pretesti paralleli desunti dalla storia delle religioni.
Sempre e dovunque nelle antiche leggende entravano delle divinità sotto forma umana, si trattava di dei, non dell'unico Dio. Tutte queste figure di dèi nascevano da concezioni a fondo politeistico o panteistico. Erano tutte forze della natura proiettate nell'infinito, erano una Natura risultante dalla loro fusione, non erano il Signore, il Creatore della natura. Perciò erano alla mercé della loro essenza puramente naturale, erano soggette per necessita naturale al divenire, al Fato e ai suoi voleri come le altre creature.
Ben altrimenti il Verbo Eterno che, secondo la professione di fede cristiana, e apparso nel Cristo. Egli è Dio da Dio, Lume da Lume. Nelle eterne relazioni della vita divina Egli precede oggi, domani, in tutti i tempi dal seno del Padre, e ne esprime l'essenza nella sua propria Persona sussistente. Egli è il Figlio uguale per natura al Padre, è l'immagine riflessa, e lo splendore del Padre. Il mistero del Cristo per la fede cristiana sta in questo, che la sua natura umana riceve la sua individualità, la sua sussistenza, la sua personalità da questo Verbo divino eguale per natura al Padre e allo Spirito. Il Cristo rimane si un uomo in tutto completo, ma Egli ha la sua più profonda realtà nel Verbo divino. Per questo, quando i Cristiani chiamano «Dio» il Verbo Incarnato, questo «Dio» è infinitamente diverse da tutte le divinità pagane.
Potremmo dire ch'Egli è al-di-là, sostanziale di tutte le forze e di tutte le figure della natura, di tutti gli dèi e le dee, di tutti gli angeli e gli uomini, è l'Essere eternamente identico, che riposa assolutamente in Se stesso, che non ha nessuna specie di rapporti di dipendenza dal mondo e che quindi giammai potrà divenire una parte di questo mondo. Per questo appunto tale Dio dei Cristiani non può tramutarsi come gli dei e le dee dell'ellenismo, in altre figure divine. Egli è col Padre e collo Spirito il grande Unico, l'Esclusivo per essenza: Deus solus.
Qui non v'è nessun punto di contatto con la fede negli dèi del paganesimo. La pretesa di trattare alla stessa stregua lo theós ellenistico e lo theós cristiano dev'essere qualificata una grossolana confusione o falsificazione di sensi o di concetti. Il loro contenuto è talmente diverso, anzi opposto, quanto lo sono cristianesimo e paganesimo, teismo e panteismo.
Per tre secoli i Cristiani a motivo di questa stridente opposizione hanno sofferto i più sanguinosi martiri. E quando la concezione ellenistica voleva penetrare nel Cristianesimo come talvolta accadde, sotto forma velata, presso l'uno o l'altro apologeta, e poi, più tardi, gettando i veli coll’arianesimo allora l'antica fede, dall'intimo della sua volontà di vita, reagì energicamente.
Allora l'antica fede, in una lotta aspra e quasi disperata contro la forza dello Stato e degli spiriti sacrificò la vita, l'onore, la patria dei migliori eroi fino a raggiungere la vittoria, fin quando il dogma della divinità del Figlio di Dio, della sua essenziale eguaglianza col Padre, non ottenne il riconoscimento universale.
È uno scandalo che disonora la scienza quello di trascurare questi fatti, e, col pretesto della medesima espressione theós di avvicinare l'Incarnazione di Cristo alle incarnazioni pagane.
Ma tale fede nel Figlio di Dio, come non riceve luce dall'ellenismo, cosi non può affatto spiegarsi come una derivazione dal giudaismo. È noto che il popolo giudaico era seriamente e pienamente persuaso della sua fede nell’unico Dio. Esso conservava con zelo geloso, tra la molteplicità degli dèi pagani, il monoteismo rigoroso, come il più prezioso tesoro nazionale.
Per questo appunto la sua mentalità puramente umana doveva essere molto lontana dall'idea che quest'unico Dio viva una vita trinitaria come Padre, Figlio e Spirito.