mercoledì 15 ottobre 2014

Papia di Gerapoli e frammenti riguardo la sua opera "Spiegazione dei detti del Signore"

Papia di Gerapoli (Anatolia, 70 circa – dopo il 130) è stato un vescovo e santo greco. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che ne celebra la festa il 22 febbraio.
È ricordato per la sua poderosa opera in cinque libri, "Spiegazione dei detti del Signore", di cui sono arrivati fino a noi 13 frammenti. Il libro è datato intorno al 110.
Nei suoi scritti Papia documento lo sforzo nel ricercare in modo fedele gli insegnamenti di Gesù anche attraverso l'ascolto diretto dei discepoli: "Giudicavo infatti che le cose contenute nei libri non mi avrebbero giovato tanto, quanto le cose (comunicate) da una voce viva e permanente". 
Egli cercò quindi di raccogliere, nella sua opera, quelle testimonianze che venivano direttamente da discepoli di Cristo e che oralmente erano state trasmesse ai loro successori in un momento in cui la Chiesa si lasciava alle spalle non solo la generazione di chi aveva direttamente conosciuto e seguito Gesù, ma anche quella degli immediati successori.
Secondo Ireneo, fu amico e compagno di San Policarpo e ascoltatore di Giovanni, da interpretare, secondo Eusebio, come Giovanni il presbitero.
Eusebio gli attribuisce la tendenza millenaristica, cioè la convinzione, basata sulla letterale interpretazione del passo dell'Apocalisse 20, 1-3, che apetta il regno millenario del Messia prima della fine del mondo.
Secondo la tradizione Papia morì martire sul rogo.

III frammento
Frammento di Apollinare di Laodicea
La morte di Giuda

1. Giuda non morì al capestro, ma, liberato dal laccio prima di soffocare, visse ancora. Lo dimostrano anche gli Atti degli Apostoli, dicendo che egli cadde in avanti e si aprì nel mezzo e si sparsero le sue viscere . Questo lo narra più apertamente Papia, discepolo di Giovanni, nel quarto libro della spiegazione dei detti del Signore, dicendo così:

2. "Grande esempio d’empietà fu in questo mondo Giuda, le cui carni gonfiarono talmente, che, per dove sarebbe facilmente passato un carro, non avrebbe potuto passare lui, anzi neppure la sola stessa mole del suo capo. Poiché dicono che anche le palpebre dei suoi occhi s’ingrossarono tanto, che egli non poteva più vedere affatto la luce, e neppure il medico con la diottra riusciva a vedere i suoi occhi, tanto erano profondi dalla superficie esterna. I suoi genitali apparivano ingrossati e più ripugnanti d’ogni deformità, e da essi uscivano marcia e vermi che da tutto il corpo affluivano, per ludibrio, insieme agli escrementi.

3. Dopo molti tormenti e supplizi, egli morì, come dicono, in un suo podere, che, per il puzzo, è rimasto fino ad ora deserto e disabitato ed anche oggi nessuno può traversare quel luogo senza turarsi il naso con le mani. Tanto fu lo scolo che dalle sue carni penetrò nella terra".


XII frammento
Frammento in Giorgio Hamartolòs, Chronicum, Codice Coisliniano
Il martirio di Giovanni, preannunziato da Gesù

1. Dopo Domiziano regnò per un anno Nerva, che richiamò Giovanni dall’isola [di Patmo] e lo liberò, concedendogli di abitare ad Efeso. Egli era allora l’unico sopravvissuto tra i dodici discepoli e, dopo aver scritto il suo Vangelo, meritò il martirio.

2. Infatti Papia, vescovo di Gerapoli, che vi assistette, nel secondo libro dei detti del Signore, dice che egli fu ucciso dai Giudei; adempiendo evidentemente, assieme al fratello, la predizione fatta intorno ad essi da Cristo e la loro confessione ed approvazione a questo riguardo. Avendo infatti il Signore detto loro: Potete bere il calice che io bevo? essi prontamente assentirono ed approvarono. Voi berrete il mio calice, continuò il Signore, e sarete battezzati con il battesimo con il quale sono battezzato io. Ed è naturale [che sia accaduto così], poiché il Signore non mentisce.

3. Così conferma anche il dottissimo Origene nella spiegazione del Vangelo secondo Matteo, asserendo che Giovanni subì il martirio; e dice d’averlo appreso dai successori degli Apostoli. Ed anche l’eruditissimo Eusebio, nella storia ecclesiastica (III, I) dice: "Tommaso ebbe in sorte il paese dei Parti; Giovanni invece l’Asia, dove visse, morendo poi in Efeso".


XIV frammento
Frammento nel Codice Vaticano Alessandrino 14
Il Vangelo di Giovanni. L’eretico Marcione scacciato da Giovanni

1. Il Vangelo di Giovanni fu reso manifesto e dato alle Chiese da Giovanni mentre era ancora in vita, come riferisce Papia di Gerapoli, il discepolo caro a Giovanni, nei libri esoterici , cioè negli ultimi cinque. 2. [Scrisse infatti senza errori il Vangelo dettatogli da Giovanni. L’eretico Marcione, essendo stato biasimato da lui per i suoi contrari sentimenti (a riguardo della fede), fu scacciato da Giovanni. Egli infatti aveva portato degli scritti o lettere da parte dei fratelli che erano nel Ponto].


XV frammento
Frammento in una Catena dei padri Greci
San Giovanni detta a Papia il suo Vangelo

Ultimo di questi è Giovanni, soprannominato figlio del tuono, il quale, essendo già molto vecchio, come ci tramandarono Ireneo, Eusebio ed altri storici posteriori degni di fede, essendo sorte in quel tempo gravi eresie, dettò il Vangelo al suo virtuoso discepolo Papia di Gerapoli, perché fosse di complemento a coloro che prima di lui avevano predicato alle genti per tutto il mondo.


Frammenti sui Vangeli di Marco e Matteo
I frammenti più famosi riguardano le informazioni sugli evangelisti Marco e Matteo. Secondo Papia Marco ha raccolto la testimonianza di San Pietro, mentre Matteo ha curato una prima redazione del suo vangelo in aramaico.

La testimonianza su Marco è la seguente:
«Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse accuratamente, ma non in ordine, tutto ciò che ricordava delle cose dette o fatte dal Signore. Non era Lui, infatti, che Marco aveva visto o seguito, ma, come ho già detto, fu più tardi Pietro. E quest'ultimo impartiva i suoi insegnamenti secondo le necessità del momento, senza dare una raccolta ordinata dei detti del Signore, di modo che non fu Marco a sbagliare scrivendone alcuni così come li ricordava. Di una sola cosa, infatti, egli si dava pensiero nei suoi scritti: non tralasciare niente di ciò che aveva udito e non dire niente di falso».
(Papia, citato in Eusebio, Storia ecclesiastica).

Più sintetica, invece, l'informazione su Matteo:
«Matteo raccolse quindi i detti nella lingua degli Ebrei, traducendoli ognuno come poteva.»
(Papia, citato in Eusebio, Storia ecclesiastica)

{Fonte della biografia: wikipedia}