sabato 17 maggio 2014

Le aridità e le sterilità dello spirito - Cap. XIV

Quando ti troverai nelle consolazioni, cara Filotea, farai dunque come ti ho detto; ma il bel tempo, così gradevole, non durerà in eterno; anzi qualche volta ti capiterà di sentirti così vuota e lontana dal sentimento della devozione, che avrai la sensazione che la tua anima sia una terra deserta, senza frutti, arida, senza sentieri e senza piste per camminare verso Dio; senza nemmeno un filo d'acqua della sua grazia per irrigarla. L'aridità è tale che tutto fa temere che l'anima sarà presto ridotta simile a un terreno totalmente incolto e abbandonato. L'anima che si trova in questo stato, sinceramente merita compassione, soprattutto quando la sensazione di aridità è molto profonda; in tal caso l'anima si ciba giorno e notte di lacrime, proprio come Davide, mentre il nemico, per farla disperare, la deride con mille angustie e le chiede: Poveretta! e dov'è il tuo Dio? In quale via lo troverai? Chi potrà darti la gioia della sua santa grazia?

Che farai in simili occasioni, Filotea? Guarda da dove viene il male: spesso siamo noi stessi causa delle nostre aridità e sterilità.

l. Come la madre rifiuta lo zucchero al figlio soggetto ai vermi, così Dio ci priva delle consolazioni quando noi ne ricaviamo vuote emozioni e andiamo soggetti ai vermi della presunzione. Dio mio, hai fatto bene ad umiliarmi! Sì, perché prima che tu mi umiliassi io ti avevo offeso.

2. Quando trascuriamo di raccogliere le dolcezze e le delizie dell'amore di Dio nel tempo opportuno, il Signore le allontana da noi per punire la nostra pigrizia. L'israelita che non raccoglieva la manna di buon mattino, una volta sorto il sole, non gli era più possibile, perché si scioglieva.

3. A volte ci adagiamo in un letto di soddisfazioni sensuali e di consolazioni caduche, come la Sposa del Cantico dei Cantici. Lo Sposo delle nostre anime bussa alla porta del nostro cuore, ci invita a ricominciare di nuovo i nostri esercizi spirituali, ma noi vogliamo mercanteggiare, perché ci dispiace lasciare quelle gioie, e separarci dalle false soddisfazioni; allora egli passa oltre e ci lascia nella nostra pigrizia. In seguito poi, quando lo cercheremo, faticheremo molto a trovarlo. Ce lo meritiamo, perché siamo stati sleali e infedeli al suo amore e abbiamo rifiutato di viverne l'esperienza per seguire l'amore delle cose del mondo.

Se hai la farina d'Egitto, non puoi avere la manna del cielo! Le api odiano tutti i profumi artificiali; le soavità dello Spirito Santo non possono convivere con le delizie artificiali del mondo.

4. La doppiezza e la finzione nella confessione e nei colloqui spirituali con la propria guida, provoca l'aridità e la sterilità: dopo che hai mentito allo Spirito Santo, perché ti meravigli se ti priva della sua consolazione? Tu non vuoi essere semplice e spontanea come un bambino, e allora non avrai le caramelle destinate al bambino!

5. Ti sei ben ubriacata delle gioie mondane, perché ti meravigli allora se le delizie spirituali ti vengono a nausea? Dice un antico proverbio che le colombe ubriache trovano amare le ciliege. Ha colmato di beni gli affamati, dice la Madonna, e i ricchi li ha lasciati a mani vuote. i ricchi di piaceri mondani non possono ricevere quelli spirituali.

6. Hai conservato bene i frutti delle consolazioni ricevute. In tal caso ne riceverai delle altre, perché a colui che ha sarà dato ancora di più ma a quello che ha perso tutto per propria colpa sarà 'tolto anche quello che non ha; ossia sarà privato anche delle grazie che gli erano destinate. Osserva come la pioggia dia vita alle piante che hanno ancora del verde; ma a quelle che non ne hanno Più, toglie anche la vita che non hanno, perché le fa marcire del tutto.

Per molte di queste cause noi perdiamo le consolazioni devote e cadiamo nell'aridità e sterilità di spirito; esaminiamo la nostra coscienza per vedere se vi scopriamo manchevolezza in questo campo. Nota però, Filotea, che non devi fare questo esame con agitazione e troppo puntiglio; ma dopo aver obiettivamente preso in esame le eventuali colpe a questo proposito, se scopri che la causa dei male è dentro di te, ringrazia Dio, perché il male quando se ne scopre la causa, per metà è già guarito. Se, al contrario, non trovi nulla che, secondo te, possa essere la causa di questa aridità, non impegnarti in un esame più accurato, ma, con tutta semplicità, senza scendere a dettagli, fa quello che ora ti dirò:

1. Umiliati profondamente davanti a Dio, riconoscendo il tuo nulla e la tua miseria: Che cosa ne è di me quando sono affidata a me stessa? Signore, sono soltanto terra arida, con enormi crepe da tutte le parti, con una grande sete di pioggia dal cielo, che il vento dissipa e riduce in polvere.

2. Invoca Dio e domandagli la sua gioia: Rendimi, Signore, la gioia della tua salvezza. Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice. Partiti da qui, vento secco, che inaridisci la mia anima; e tu, brezza gentile di consolazione, vieni e soffia nel mio giardino; i tuoi buoni affetti spanderanno soavi profumi.

3. Va dal tuo confessore, aprigli bene il cuore, svelagli tutti i nascondigli della tua anima, accetta i consigli che ti darà, con grande semplicità e umiltà. Dio ama infinitamente l'obbedienza, per cui aggiunge spesso efficacia ai consigli che si ricevono da altri, soprattutto quando si tratta delle guide delle anime, anche se non c'è nessuna esteriorità apparente; pensa a Naaman: il Signore rese per lui prodigiose le acque del Giordano, nelle quali Eliseo, senza alcuna ragione apparente, gli aveva ordinato di bagnarsi.

4. Ma, dopo tutto, niente è così utile e così fruttuoso, in tali aridità e sterilità, come il non affezionarsi e attaccarsi al desiderio di essere liberati. Non dico che non bisogna, con molta semplicità, aspirare alla liberazione; ma dico che non ci si deve affezionare, anzi bisogna rimettersi con semplicità nelle mani della Provvidenza di Dio, affinché si serva di noi tra le spine e nel deserto, fin che gli piacerà. Diciamo a Dio in tale frangente: Padre, se è possibile, allontana da me questo calice; ma aggiungiamo con grande coraggio: tuttavia sia fatta la tua volontà e non la mia, e fermiamoci lì, con tutta la calma possibile. Dio vedendoci in quella santa indifferenza ci consolerà con molte grazie e favori, come quando vide Abramo deciso a privarsi del suo figlio Isacco. Gli bastò vederlo indifferente nell'accettare, e lo consolò con una visione molto gradita e con dolcissime benedizioni. In ogni genere di afflizioni, sia corporali che spirituali, e nella diminuzione, o addirittura sparizione della devozione sensibile, che ci può capitare, dobbiamo dire con tutto il cuore e con profonda sottomissione: Il Signore mi ha dato delle consolazioni, il Signore me le ha tolte; sia benedetto il suo santo Nome!

Se perseveriamo nell'umiltà, ci colmerà dei suoi deliziosi favori, come fece con Giobbe, che, in tutte le tribolazioni si espresse con queste parole.

5. Infine, Filotea, tra tutte le nostre aridità e sterilità, non perdiamo il coraggio, ma aspettiamo con pazienza, il ritorno delle consolazioni. Continuiamo il nostro abituale modo di vivere; non tralasciamo per questo motivo nessun esercizio di devozione, anzi, se ci è possibile, moltiplichiamo le buone azioni; e se non possiamo presentare allo sposo la marmellata, gli daremo la frutta secca; per lui fa lo stesso, a condizione che il cuore che gliela offre, sia decisamente risoluto ad amarlo.

Quando la primavera è bella, le api fanno più miele e si occupano meno delle ninfe, perché con il bel tempo si divertono molto a fare la raccolta sui fiori, tanto che dimenticano di occuparsi delle ninfe; ma quando la primavera è fredda e nuvolosa, si occupano di più delle ninfe e fanno meno miele, perché non potendo uscire per fare la raccolta del polline, occupano il tempo ad accrescere e moltiplicare la loro stirpe.

Capita spesso, Filotea, che l'anima, trovandosi in una bella primavera di consolazioni spirituali, si distragga talmente nel desiderio di accumularle e assaporarle, che, per l'abbondanza delle piacevoli delizie, si occupa molto meno delle opere buone. Al contrario quando si trova nell'asprezza e nell'aridità spirituale, a misura che si vede privata dei sentimenti piacevoli della devozione, moltiplica le opere concrete e interiormente genera più copiose le vere virtù, quali la pazienza, l'umiltà, l'abiezione di sé, la rassegnazione, l'abnegazione dell'amor proprio.

Molti, specialmente le donne, cadono nel grave errore di credere che il servizio che noi rendiamo a Dio

senza piacere, senza tenerezza di cuore e senza sentimento, sia meno gradito alla Maestà divina; al contrario, le nostre azioni sono come le rose che, quando sono fresche, sono più belle, quando invece sono secche emanano un profumo più acuto: lo stesso avviene per le nostre opere; quelle fatte con tenerezza di cuore piacciono più a noi, dico a noi, perché noi guardiamo soltanto il nostro piacere; quelle invece compiute con aridità e sterilità, sono più profumate e hanno più valore davanti a Dio. Sì, cara Filotea, in tempo di aridità, la volontà ci trascina al servizio di Dio quasi per forza, e per conseguenza, deve essere più vigorosa e costante che in tempo di tenerezze.

Non vale gran che servire un principe in tempo di pace, negli agi della corte; ma servirlo nella durezza della guerra, in mezzo ai torbidi e alle persecuzioni, è un vero segno di costanza e di fedeltà.

La Beata Angela da Foligno dice che "l'orazione più gradita a Dio è quella che si fa per forza e costrizione", ossia quella che facciamo, non per il piacere che vi troviamo, o perché vi siamo portati, ma soltanto per piacere a Dio; ed è la nostra volontà che ci trascina quasi a forza, facendo violenza alle aridità e alle ripugnanze che vi si oppongono,

Dico la stessa cosa per ogni sorta di buone opere, perché più noi proviamo contrarietà a compierle, sia quelle interiori che quelle esteriori, più godono del favore e della stima di Dio. Nelle virtù, minore è l'interesse da parte nostra e più vi splende in tutta la sua purezza l'amore di Dio. Facilmente il bambino bacia la mamma che gli regala lo zuccherino, ma se la bacia dopo che gli ha dato assenzio o fiele, allora sì che è segno che le vuole veramente molto bene!

{Da "Filotea" - San Francesco di Sales}