«Giovanni non aveva bisogno del per se stesso. Il suo spirito, presantificato sin dal ventre di sua madre, era possessore di quella vista di intelligenza soprannaturale che sarebbe stata di tutti gli uomini senza la colpa di Adamo.
Se l'uomo fosse rimasto in grazia, in innocenza, in fedeltà col suo Creatore, avrebbe visto Dio attraverso le apparenze esterne. Nella Genesi è detto che il Signore Iddio parlava familiarmente con l'uomo innocente e che l'uomo non tramortiva a quella voce, non si ingannava nel discernerla. Così era la sorte dell'uomo: vedere e capire Iddio proprio come un figlio fa col genitore. Poi è venuta la colpa, e l'uomo non ha più osato guardare Dio, non ha più saputo vedere e comprendere Iddio. E sempre meno lo sa.
Ma Giovanni, il mio cugino Giovanni, era stata mondato dalla colpa quando la Piena di Grazia s'era curvata amorosa ad abbracciare la già sterile ed allora feconda Elisabetta. Il fanciullino nel suo seno era balzato di giubilo, sentendo cadere la scaglia della colpa dalla sua anima come crosta che cade da una piaga che guarisce. Lo Spirito Santo, che aveva fatto di Maria la Madre del Salvatore, iniziò la sua opera di salvazione, attraverso Maria, vivo Ciborio della Salvezza incarnata, su questo nascituro, destinato ad essere a Me unito non tanto per il sangue quanto per la missione, che fece di noi come le labbra che formano la parola. Giovanni le labbra, Io la Parola. Egli il Precursore nell'Evangelo e nella sorte di martirio. Io, colui che perfeziona della mia divina perfezione l'Evangelo iniziato da Giovanni ed il martirio per la difesa della Legge di Dio.
Giovanni non aveva bisogno di nessun segno. Ma alla ottusità degli altri il segno era necessario. Su cosa avrebbe fondato Giovanni la sua asserzione, se non su una prova innegabile che gli occhi dei tardi e le orecchie dei pesanti avessero percepita?
Io pure non avevo bisogno di battesimo. Ma la sapienza del Signore aveva giudicato esser quello l'attimo e il modo dell'incontro. E, traendo Giovanni dal suo speco nel deserto e Me dalla mia casa, ci unì in quell'ora per aprire su Me i Cieli e farne scendere Se stesso, Colomba divina, su Colui che avrebbe battezzato gli uomini con tal Colomba, e farne scendere l'annuncio, ancor più potente di quello angelico perché del Padre mio: “Ecco il mio Figlio diletto col quale mi sono compiaciuto”. Perché gli uomini non avessero scuse o dubbi nel seguirmi e nel non seguirmi.
Le manifestazione del Cristo sono state molte. La prima, dopo la Nascita, fu quella dei Magi, la seconda nel Tempio, la terza sulle rive del Giordano. Poi vennero le infinite altre che ti farò conoscere, poiché i miei miracoli sono manifestazioni della mia natura divina, sino alle ultime della Risurrezione e Ascensione al Cielo.
La mia patria fu piena delle mie manifestazioni. Come seme gettato ai quattro punti cardinali, esse avvennero in ogni strato e luogo della vita: ai pastori, ai potenti, ai dotti, agli increduli, ai peccatori, ai sacerdoti, ai dominatori, ai bambini, ai soldati, agli ebrei, ai gentili. Anche ora esse si ripetono. Ma, come allora, il mondo non le accoglie. Anzi non accoglie le attuali e dimentica le passate. Ebbene, Io non desisto. Io mi ripeto per salvarvi, per portarvi alla fede in Me.
Sai, Maria, quello che fai? Quello che faccio, anzi, nel mostrarti il Vangelo? Un tentativo più forte di portare gli uomini a Me. Tu lo hai desiderato con preghiere ardenti. Non mi limito più alla parola. Li stanca e li stacca. È una colpa, ma è così. Ricorro alla visione, e del mio Vangelo, e la spiego per renderla più chiara e attraente.
A te do il conforto del vedere. A tutti do il modo di desiderare di conoscermi. E, se ancora non servirà e come crudeli bambini getteranno il dono senza capirne il valore, a te resterà il mio dono e ad essi il mio sdegno. Potrò una volta ancora fare l'antico rimprovero: “Abbiamo sonato e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”.
Ma non importa. Lasciamo che essi, gli inconvertibili, accumulino sul loro capo i carboni ardenti, e volgiamoci alle pecorelle che cercano di conoscere il Pastore. Io son Quello, e tu sei la verga che le conduci a Me».
{Da "Il Vangelo come mi è stato rivelato" - Vol. 1 Cap.45.6}