Ci sono due modi per avviare le anime all’orazione, che nei primi tempi possiamo e dobbiamo usare. Uno è la meditazione, l’altro la lettura meditata.
1. La lettura meditata consiste semplicemente nel prendere qualche verità forte per la speculazione e per la
pratica, preferendo la seconda alla prima, e leggere in questo modo: prendete la verità che avete scelto. Quindi leggete due o tre righe, digeritele e gustatele cercando di coglierne il succo e di soffermarvi sul punto che leggete finché non vi troverete gusto, e non andate avanti finché questo punto non è diventato insipido.
Dopodiché continuate a leggere e procedete nello stesso modo, leggendo non più di mezza pagina per volta.
Non è la quantità di lettura che conta, ma come si legge. Quelli che leggono troppo velocemente non ne traggono alcun vantaggio. Sono come le api che possono succhiare il polline dei fiori solo risposando sopra di essi, e non sorvolandoli e basta. Leggere molto va bene per la scienza scolastica, non per la mistica. Ma per trarre profitto dai libri spirituali bisogna leggere in questo modo.
E sono sicura che, se ascolterete il mio consiglio, tramite la lettura vi abituerete a poco a poco all’orazione, e vi piacerà molto.
2. L’altro metodo è la meditazione, per la quale va scelto un momento adatto e che non va praticata nel tempo dedicato alla lettura. Credo che sarebbe meglio se si procedesse in questo modo: dopo essersi
messi in presenza di Dio grazie a un atto di grande fede, bisogna leggere qualcosa di sostanziale e soffermarvisi dolcemente sopra, non con la ragione ma soltanto per fermare lo, spirito, facendo attenzione che l’esercizio principale è di essere in presenza di Dio, e che il soggetto deve servire per fermare lo spirito più che per esercitarlo al ragionamento. Ammesso questo, bisogna che una grande fede in Dio presente in fondo ai nostri cuori ci porti a immergerci profondamente in noi stessi, raccogliendo tutti i sensi dentro di noi e impedendo che si esteriorizzino. Questo, all’inizio, è un modo molto efficace di liberarsi da tutte le distrazioni e di allontanarsi dagli oggetti esterni per avvicinarsi al nostro Dio, che
si può trovare solo in fondo a noi stessi e nel nostro centro, che è il sancta sanctorum dove Lui abita. Egli promette anche che «se uno farà la sua volontà, verrà a Lui e dimorerà in Lui» (Gv 14,23).
Sant’Agostino accusa se stesso per il tempo che ha perso non avendo subito cercato Dio in questo modo.
3. Quindi, quando ci siamo immersi in noi stessi e Dio è penetrato in noi, quando i sensi sono raccolti e riportati dalla circonferenza al centro (cosa che all’inizio ci fa un po’ soffrire, ma che in seguito, come dirò, è piacevole), quando quindi l’anima è raccolta in questo modo in se stessa e si concentra dolcemente e soavemente sulla verità letta, non ragionandoci sopra ‘ma assaporandola e stimolando la volontà con la passione piuttosto che con la ragione, e la passione è mossa, occorre lasciarla riposare dolcemente e in pace, inghiottendo quello che essa ha assaggiato. Così ‘come una persona che mastichi della carne, per
quanto eccellente e gustosa, non se ne nutrirebbe, a meno che non interrompa il movimento per inghiottire. La stessa cosa succede quando la passione è mossa.Muoverla ancora significherebbe spegnerne il fuoco e sottrarre all’anima il suo nutrimento. Bisogna che inghiotta, tramite una piccola pausa piena d’amore, di rispetto e di fiducia, quello che ha masticato e gustato. Questo metodo è indispensabile e farà progredire l’anima più velocemente di qualsiasi altro metodo in non so quanti anni.
È un modo veloce ed efficace di combattere le distrazioni. Infatti chi le vuole combattere direttamente le irrita e le fa aumentare. Mentre se ci immergiamo nella fede di Dio e ci raccogliamo semplicemente, le combattiamo indirettamente e senza pensarci ma molto efficacemente.
Avverto anche i principianti di non correre di verità in verità, di soggetto in soggetto, ma di soffermarsi sullo stesso fino a che ci trovano gusto. L’unico modo per penetrare velocemente le verità è quello di gustarle e imprimersele nell’anima.
Io penso che all’inizio sia difficile raccogliersi, perché l’anima è abituata a essere all’esterno. Ma quando ha preso un po’ l’abitudine, dopo essersi forzata, le diventa più facile sia perché si abitua sia perché Dio, che non domanda altro che di comunicarsi alla sua creatura, le manda abbondanti grazie e le fa sperimentare il
gusto della sua presenza, che le rende il compito facilissimo.