E tu, o mio Dio, per un tratto ineffabile del tuo amore, tu, che sei in principio e avanti i secoli, tu mi traesti dal mio nulla, mi comunicasti l'essere, la vita, l'anima, tutte insomma le facoltà del corpo e dello spirito; tu apristi le mie pupille a questa luce che intorno a me irraggia i suoi fulgori, tu mi creasti. Onde tu sei il mio padrone ed io sono la tua creatura. Nulla io sono senza di te, e per te io sono tutto quello che sono. Senza di te nulla posso; che anzi, se tu non mi sostieni ad ogni istante, io ritorno là onde sono uscito, nel nulla. Ecco ciò che io mi sono. Eppure mi invanisco, eppure faccio pompa sotto gli occhi di Dio di quei beni ond'egli mi ha ricolmato, quasi fossero cose mie. Oh, stolto me!
"Quid habes quod non accepisti? er si accepisti quid gloriatis, quasi non acceperis?".
Perché adunque mi credo io così necessario a questo mondo? Chi sono io se non una formica, un granello di arena? Perché adunque mi faccio sì grande dinnanzi a me stesso? Superbia, orgoglio, amor proprio! A che sono io in questo mondo? Per servire a Dio! Egli è il mio padrone assoluto perché mi ha creato, perché mi conserva l'essere, epperò io sono il suo servo. Dunque la mia vita dev'essere del tutto consacrata a lui, a compiere i suoi voleri; del tutto e per sempre. Quindi allorché io non penso a Dio, quando attendo alle mie comodità, al mio amor proprio, alle mie lodi, io manco ad un mio gravissinmo dovere, divento un servo disobbediente. E Dio allora che farà di me? O Signore, allontana da me i fulmini della tua giustizia e non mi scacciare dal tuo servizio come purtroppo meritai.
Servo di Dio! Qual titolo, qual mansione bellissima è mai questa! Non lo dicesti tu, o Signore, che il tuo giogo è soave e il tuo peso è leggero? Non sta scritto forse nelle Scritture che il servire a te è regnare: "servire Deo regnare est"? Non è forse il maggior onore per un uomo santo, il poter dire di lui che è servo di Dio? Ed il tuo Pontefice, il tuo Vicario in terra, non si freguia forse di questo nome "servus servorum Dei"? Qual gloria adunque servire a te, o mio Dio!Eppure io mi dimentico sì facilmente di questo mio dovere! Deh, quale vergogna, non servire ad un padrone così giusto, così buono, così santo come tu sei.
Servire a Dio; e poi? Il premio...la patria...il cielo...il bel paradiso...Sì, paradiso..., paradiso, ecco la mia meta, ecco la mia pace, il mio gaudio. Paradiso, dove si vede, dove si contenmpla il mio Dio "facie ad faciem sicuti est".
{da "Il giornale dell'anima - Giovanni XXIII}