Gesù "dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame" (Mt 4,2).
Al tempo di Gesù il numero 40 era già ricco di contenuto simbolico per Israele. Ricorda anzitutto i quarant'anni passati nel deserto da Israele, che furono il tempo della sua tentazione ma anche il tempo di una particolare vicinanza di Dio. Viene poi da pensare ai quaranta giorni che Mosè trascorse sul monte Sinai prima di poter ricevere la parola di Dio, le sacre tavole dell'Alleanza. Il ricordo può estendersi poi al racconto rabbinico secondo cui Abramo, sulla strada per il monte Oreb dove avrebbe dovuto sacrificare il figlio, non prese né cibo né bevanda per quaranta giorni e quaranta notti, nutrendosi dello sguardo e delle parole dell'angelo che lo accompagnava.
I Padri, forse, divertendosi un po' ad ampliare la simbologia numerica, hanno anche visto nel 40 il numero cosmico, il numero di questo mondo in assoluto: le quattro estremità del mondo circoscrivono il tutto e il numero 10 è il numero dei comandamenti. Il numero cosmico moltiplicato per il numero dei comandamenti diventa espressione simbolica della storia di questo mondo.
Gesù ripercorre, per così dire, l'esodo di Israele, e poi gli errori e i disordini di tutta la storia.
I quaranta giorni di digiuno abbracciano il dramma della storia, che Gesù assume in sé e sopporta fino in fondo.
{da "Gesù di Nazareth" di Benedetto XVI)