venerdì 27 settembre 2013

"Le sette armi spirituali" di Santa Caterina da Bologna


Questa piccola opera è fatta, con l'aiuto divino, dal­la minima cagnola latrante sotto la mensa delle eccel­lenti e delicatissime serve e spose dell'immacolato a­gnello Cristo Gesù, suore del monastero del Corpo di Cristo in Ferrara. Per il dolce e soave amore Cristo Gesù, prego quelli che la leggeranno di non male inter­pretarla e di non coglierne gli errori, perché io, so­praddetta cagnola, di mia propria mano scrivo solo nel timore del rimprovero divino se tacessi ciò che potreb­be giovare agli altri; e anche perché, nel dolce ricordo dell'insegnamento dei santi nei loro scritti, ogni crea­tura deve rendersi testimone del Creatore, secondo i doni della divina Provvidenza conferita a ciascuno dal­lo stesso divino Creatore. In ciò si riconosce somma­mente l'infinita carità di Dio, che quotidianamente si degna di aiutare e difendere la sua creatura, soccor­rendola nei continui pericoli; e per questo si accresce la nostra fede in Lui, nostro vero creatore e nostro ve­ro custode.
Deo gratias. Amen.


Nel nome dell'eterno Padre e del suo unigenito Figlio Cristo Gesù, splendore della gloria paterna, per a­more del quale canto gioiosamente alle sue dilettissime serve e spose:

Ciascaduna amante che ama lo Segnore vegna alla danza cantando d'amore vegna danzando tutta infiammata solo desiderando colui che l'ha creata e separa quelle che lo amano dalla pericolosa mon­danità e le pone nella nobilissima disciplina della santa religione. In questa purgano il peccato, si adornano delle sante e nobili virtù, riconducono la bellezza delle loro anime al primo stato della innocenza. Dopo que­sto pellegrinare, così adorne entreranno degnamente nel glorioso talamo del castissimo e verginale sposo Cristo Gesù, dalle cui mani riceveranno il premio della gloria trionfante. Egli stesso l'ha preparata per tutti quelli che lo amano e, per questo amore, non curano i vani piaceri del nostro non durevole mondo e si sotto­pongono alla ragione, lasciano il proprio arbitrio e ri­parano nel sicuro porto della santa religione, si offrono completamente al volere altrui e abbandonano la pro­pria volontà in tutte le cose, per camminare sulla via della santissima obbedienza.

Poiché a questo non si può giungere senza fare vio­lenza a sé stessi, darò alcuni ammaestramenti a con­forto di quanti intraprendono la nobilissima battaglia della obbedienza e si trovano fortemente combattuti dal proprio modo di vedere e pensare e, perciò, si rat­tristano nel credere di perderne ogni merito. Non è ve­ro, perché ogni virtù si fa perfetta col suo contrario; e che sia verità - questa - lo mostrerò più avanti, quan­do tratterò della virtù della obbedienza. Chi vuole la­sciare la strada malsicura, per entrare nella casa pater­na, prenda la virtù della obbedienza e la tenga cara, come la più gentile e delicata sposa che si possa trova­re; essa, scudo imperforabile, darà piena vittoria sui nostri nemici e guiderà alla eterna retribuzione, così come disse Cristo: « Chi segue me non vaga nelle tene­bre, ma avrà la luce ».

Tuttavia, la persona così magnanima da prendere la croce per amore di Cristo Gesù, nostro salvatore, che prese la morte per darci la vita, sappia che dovrà soste­nere, dal principio alla fine, molte e angosciose tenta­zioni. Perciò, per prima cosa, prenda le armi necessarie per combattere legittimamente l'astuzia dei nostri ne­mici; ma si ricordi bene di non deporle mai, perché i nemici mai non dormono.

Dunque, su! con grande fervore e fiducia, prendia­mo le armi a lode di Cristo. Amen.

La prima arma è la diligenza; la seconda è la diffidenza verso le proprie forze; la terza è confidare in Dio; la quarta è non dimenticare mai la passione di Gesù Cristo; la quinta è non dimenticare mai la pro­pria morte; la sesta è non dimenticare mai la gloria di Dio; la settima e ultima è non dimenticare mai l'auto­rità della Santa Scrittura, così come ne diede esempio Cristo Gesù, nel deserto.

La buona volontà è l'inestimabile anello, che testimo­nia l'unione dell'anima al divino amore. Se l'anima vuole servire fedelmente Dio in spirito di verità, dovrà, per prima cosa, mondare la coscienza con una pura e integra confessione e proporsi fermamente di ricevere, piuttosto, mille volte la morte - se tanto fosse possibile - che peccare ancora mortalmente, perché la persona in peccato mortale non è membro di Cristo ma del dia­volo, è privata dei beni della santa madre Chiesa e non può fare alcuna cosa a lei giovevole per la vita eterna.

In caso contrario, se tu fossi in peccato mortale, non disperare mai della bontà divina e non cessare mai di fare quanto bene puoi, perché tu possa essere libera­to dal peccato, per il bene compiuto. E con questa spe­ranza fa pure sempre bene, in qualunque stato ti tro­vassi.

Inoltre, il fedele servo di Cristo si disponga a percor­rere la via della croce, perché riceverà molti e ango­sciosi colpi nella battaglia contro gli avversari di Dio; quindi, per resistere vigorosamente, è necessario posse­dere ottime armi, in particolare quelle che ora darò.

La prima arma

La Santa Scrittura maledice coloro che sono negli­genti e pigri nelle cose di Dio; perciò, dico che la prima arma è la diligenza, cioè la sollecitudine nell'operare il bene.

È compito dello Spirito Santo infondere in noi le buone ispirazioni, ma è compito nostro accettarle e metterle in pratica. Ma la nostra sensualità mortifica la volontà dello spirito, per cui è necessario resistere alle sue continue sollecitazioni con vera diligenza, per non lasciare trascorrere il tempo a noi concesso, senza sfruttarlo a fin di bene, così come è scritto:

Chi vol salire non de' posare pensieri parole dire e fatti fare e in Dio sempre esercitare.

Ma con discernimento, perché vi è pericolo nel trop­po come nel poco e il ben valutare fa perfette tutte le altre virtù, come affermò Sant'Antonio da Vienna, glo­rioso dottore degli antichi santi Padri. Infatti, quando il nostro avversario non può impedire alla serva di Cri­sto di praticare il bene, l'assale alle spalle come nemico traditore, cioè cerca di ingannarla, tentandola a fare il troppo sotto forma di bene, per ucciderla. Dunque, tut­te le virtù spirituali e temporali vanno sempre usate con criterio, affinché vi siano possibilità di difesa e l'ar­ma del vero e diligente discernere sia da noi esercitata, a nostra salute e lode di Cristo. Amen.

La seconda arma

La seconda arma è il diffidare delle proprie forze, cioè, senza alcun dubbio, dare per certo che mai da so­le si possa fare una qualunque cosa buona, secondo l'affermazione di Cristo Gesù: «Nulla potete fare sen­za di me. »; né, tantomeno, si possa resistere alla furia dei nemici infernali e alla loro astuta malizia. Nessuna confidi nella propria esperienza e sappia che, per giu­sto giudizio, certamente cadrà in grande rovina, se non si comporterà secondo le mie esortazioni, perché il ne­mico è più malizioso di noi; anzi, è la malizia stessa. Perciò, dico che la seconda arma, per combattere il male, è il non fidarsi di sé, e beata chi avrà questa nobi­lissima dote! E più la religiosa è virtuosa, o ha incari­chi di responsabilità, più ne ha bisogno. Io stessa udii raccontare da un vecchio e onestissimo prelato che, se egli decideva cose pertinenti al suo ufficio secondo il proprio giudizio, Dio permetteva l'attuazione della maggior parte di quelle che portavano affanno e tribo­lazione, mentre tutto andava a buon fine, con sua grande consolazione, se le cose venivano fatte non se­condo il suo giudizio, ma secondo coscienza e secondo il parere della maggioranza dei suoi subordinati.

Dunque, come potrà avere tanto ardire la religiosa, e in particolare la novizia, da voler vivere di testa sua e con stolto fervore? Viva essa, piuttosto, secondo la co­scienza e la volontà della sua superiora e maestra, affinché la virtù della santa umiltà in lei risplenda e rafforzi l'arma del diffidare delle sole proprie forze. A lo­de di Cristo. Amen.

La terza arma

La terza arma è confidare in Dio e, per suo amore, virilmente non temere di combattere prontamente con­tro i diavoli, il mondo e la nostra carne, che c'è data per servire lo spirito. Buttiamo questi nemici ai piedi del nostro affetto, con ferma speranza nella sovrab­bondante grazia divina, con la quale otterremo piena vittoria, perché Dio non abbandona chi spera in Lui.

E se, alcune volte, Iddio permette che la serva e spo­sa di Cristo si trovi in così grande e penoso stato da in­vocare il Cielo, gridando:- Dio mio, non mi abbando­nare! - sappia ella, per certo, che quanto più teme e dubita di essere abbandonata, tanto maggiormente, proprio in quei momenti, è sollevata a Dio in somma perfezione, per divino e occulto mistero. Il più grande esempio di questo, lo abbiamo dal suo unico Figlio, quando, ormai prossimo alla penosa e amarissima morte, gridò: - « Padre, perché mi hai abbandonato? » - . Si comprende come Cristo, vero Figlio di Dio, ve­ramente in quel punto trionfasse in somma perfezione, nella totale obbedienza e nella perfetta unione all'eterno Padre; si comprende, anche, perché invocasse il Padre con quelle parole, in quanto uomo soggetto alle soffe­renze e alla morte, e ciò avveniva perché la divinità, a sé stessa inseparabilmente unita, realmente lasciava la parte umana, soggetta ai sensi per sua natura. Questo voleva la giustizia per cancellare, con la penosa obbe­dienza di Cristo, il piacere della disobbedienza del no­stro primo padre.

La serva di Cristo non tema di essere abbandonata, anche se, alcune volte, così le sembra; sappia che l'e­terno Padre non permetterà che accada a lei quanto non lasciò accadere al proprio Figlio; anzi, prenda più fiducia nel divino soccorso proprio nei momenti di maggior tribolazione e si ricordi della dolce promessa di Dio fatta per bocca del profeta: « Sono con lui nella tribolazione, lo salverò e lo glorificherò ».

Dunque, chi non vorrà essere messo alla prova pur di avere un così dolce e fedele compagno che, invoca­to, si offre nei momenti di angoscia? Oh! maggiormen­te, per questo, dovremmo desiderare di essere tribolate piuttosto che consolate, per rafforzare così la nostra speranza e la terza arma, del confidare in Dio, possa essere esercitata a nostro vantaggio. A lode di Cristo. Amen.

La quarta arma

La quarta arma è il non dimenticare mai la glorio­sissima incarnazione dell'immacolato agnello Cristo Gesù, la sua castissima e verginale umanità e, partico­larmente, la sua sacratissima passione e morte. Senza quest'arma, superiore a tutte, non potremmo vincere i nostri nemici e poco gioverebbero le altre.

O passione gloriosissima, rimedio di ogni nostra ferita!

Madre fedelissima, che conduci i tuoi figli al Pa­dre celeste!

Rifugio vero e soave in tutte le avversità!

Cibo vero, che guidi le piccole menti alla somma perfezione!

Specchio rilucente, che illumini chi in te si riflette e ricomponi le sue deformità!

Scudo impenetrabile, che insuperabilmente ci di­fendi!

Manna saporita e piena di ogni dolcezza, che preservi coloro che ti amano da ogni veleno mor­tale!

Scala altissima, che porti al bene infinito chi a­nela salire!

Dimora vera e confortevole delle anime pellegri­ne!

Fonte perenne, che dai refrigerio agli assetati di te!

Mare pescosissimo, per chi ti sa navigare!

Olivo soavissimo, che spandi i tuoi rami per tutto l'universo!

Sposa fedele, dolce premurosa, di te sempre in­namorata!

O carissime sorelle, esercitatevi infaticabilmente in questa arma e specchiatevi nel suo radiante splendore, se volete conservare la bellezza delle vostre anime! Perché, veramente, la Passione è la sapientissima mae­stra che vi condurrà alla piena bellezza di tutte le virtù e, con essa, perverrete al palio della vittoria. A lode di Cristo. Amen.

La quinta arma

La quinta arma è il non dimenticare mai la nostra morte. Molto giova ricordarsi spesso della morte e sta­re continuamente preparati a essa, perché non sappia­mo in quale ora di quale giorno ce la invierà il severis­simo giudice. Dice bene il glorioso apostolo Paolo: « Facciamo il bene, finché abbiamo il tempo ».

Il tempo della nostra vita si chiama tempo di miseri­cordia, perché ci viene concesso per emendarci, pas­sando dal bene al meglio; mentre viviamo l'esistenza terrena, Dio ci aspetta di giorno in giorno e, a Lui, do­vremo rendere conto del dono della buona volontà, che ci viene donato per esercitarlo a sua lode, per la salute della nostra anima e per il bene del nostro prossimo; se non lo faremo, non solo dovremo rendere ragione del male commesso ma, anche, del bene non fatto per la nostra negligenza.

Si guardino bene le novizie dal confidare troppo nel­le loro forze, per non oltrepassare la regola imposta dalle loro superiori e maestre e, con tutta la volontà, seguano la strada loro indicata, per la salute dell'anima e del corpo. Dico questo perché, a volte, il nemico met­te con astuta malizia nelle menti delle novizie, ancora poco agguerrite nella battaglia spirituale, l'idea che debbano morire presto e, così, le induce a fare maggio­re penitenza di quella dovuta, convinte, per umiltà, di non aver acquistato sufficienti meriti. Il maligno le stu­dia, e le sollecita a trasgredire la regola della vera ob­bedienza; ma, senza alcun dubbio, l'obbedienza è più meritoria di qualunque penitenza. Quindi, è necessario usare l'arma della memoria della nostra morte con giu­sta prudenza, perché possa essere esercitata per la sa­lute dell'anima e lode di Cristo. Amen.

La sesta arma

La sesta arma è la memoria delle beatitudini del pa­radiso. Esse sono preparate per quelli che combattono legittimamente senza curare i vani piaceri della vita terrena, perché è impossibile godere i beni presenti e quelli futuri, come dice il sacratissimo dottore Sant'A­gostino. Perciò siate contente, dilettissime sorelle, di non sperimentare alcun diletto mondano e non vi pesi la fatica di rinnegare la vostra volontà; ricordatevi del nostro Patriarca San Francesco, che riteneva il potere di vincere noi stessi il dono maggiore di Dio ai suoi ser­vi di questo mondo, e diceva: L'è tanto el ben che aspetto che ogne pena m'è diletto per spiegare perché si gloriava di patire, nella memoria dei beni eterni.

E sui doni celesti preparati per voi, carissime sorelle, vi narrerò un fatto accaduto nel nostro monastero. Poco dopo che io vi fui entrata, giunse anche una giovinetta, che, dopo qualche tempo, si pentì di avere abbandonato le vie del mondo e, col proponimento di lasciare la vita religiosa, andò a confessarsi.

- Figliola - le disse stupefatto il confessore - guar­da a ciò che fai perché, se bene intendo, proprio sta­notte, per te, ho avuto una visione che mi ha molto me­ravigliato, non sapendo cosa volesse dire o significa­re. - E lei:- Vi prego, ditemela!­

E il confessore:- Sono stato condotto a una bellissi­ma festa, dove erano innumerevoli giovani donne: tutte risplendevano di inesprimibile bellezza, ornate in capo di serti di bellissimi fiori e, vestite di meravigliosa glo­ria, gioiosamente ricevevano con onore una giovane, che si univa alla loro compagnia; ma, improvvisamen­te, quella appena giunta mostrò di essersi pentita e tornò indietro, e tutte si rattristarono molto. A questo punto, la visione disparve e, io, non ne capivo il senso; solo adesso comprendo che Dio ha voluto preavvertir­mi, per il tuo bene. Figliola, non cadere in questa tenta­zione, ma sii perseverante e forte, se vuoi pervenire a quella festa, unirti a quella nobilissima compagnia che ti aspetta, e gioire in eterno con quelle gloriose vergini. Dopo il racconto, essa decise di restare, ma più per vergogna che per altro; però, non si comportava reli­giosamente e, dopo poco tempo, fu resa alla sua fami­glia e in breve finì la sua vita, nella vanità del mondo. Si avverò, così, la visione, e la giovane, persa la corona della sua verginità, giustamente non giunse alla eletta schiera vista dal servo di Dio.

Pertanto, dilettissime sorelle, siate forti e costanti, perseverando nel bene operare solo per puro amore del nostro Signore Dio, e sperate fermamente nei beni del Paradiso perchè possiate finalmente pervenire ad essi, dicendo col nostro Serafico San Francesco: " i giusti mi faranno corona, quando mi concederai la retribuzio­ne".

A lode di Cristo. Amen.

La settima arma

La settima arma, per vincere i nostri nemici, è la memoria della Santa Scrittura, da portare sempre nel nostro cuore. Da lei dobbiamo prendere consiglio, in tutte le cose, come da fidatissima madre, così come si legge della prudentissima e sacrata vergine Santa Ceci­lia: In segreto sempre portava in seno il Vangelo di Cristo; e con quest'arma il nostro salvatore, Cristo Gesù, confuse il diavolo nel deserto dicendo:- È scritto.- perciò, dilettissime sorelle, fate fruttificare le quotidiane letture del coro e della mensa, per rafforzar­vi in questa arma. Immaginate i brani del Vangelo e delle Epistole, che ogni giorno udite nella Messa, come altrettante lettere del vostro celeste sposo; custoditele nel vostro cuore, con grande fervente amore, pensate ad esse il più possibile e, particolarmente, quando siete in cella, perché meglio e con più sicurezza possiate dol­cemente e castissimamente abbracciare Colui che ve le manda; se farete così, vi troverete continuamente con­solate nel vedere quanto spesso riceviate nuove e belle notizie da Quello che sommamente amate.

Oh quanto dolce e soave è il divino parlare di Cristo Gesù, nell'anima di quella che sinceramente di Lui è infiammata! Infatti, non è forse parola di Cristo, la dottrina Evangelica? Certo si. Dunque, quanto atten­tamente la dovete intendere e gustare!

Qui pongo termine all'argomento delle armi spiri­tuali e mi dilungherò nel racconto di un sottilissimo in­ganno del nemico della nostra salute. Proprio quell'in­ganno mi convinse a scrivere questo libricciolo, in dife­sa e ammaestramento delle giovani suore presenti nel nostro monastero e delle prossime che verranno. Amo tanto la loro salute e quella di tutti, che mi sembra di essere rimasta senza forze per il molto e quotidiano in­vocare il divino aiuto e ho finito di scrivere con grande fatica, per la debolezza che mi fa tremare tutto il cor­po. E sarei contenta, per amore di Cristo Gesù, di fini­re presto la mia vita e la mia milizia.

Carissime sorelle, vi prego di usare con prudenza le armi spirituali e di non stare mai senza di esse, se vole­te trionfare sui vostri avversari; guardatevi di non farvi ingannare sotto forma di bene, perché, alcune volte, il diavolo appare in sembianza di Cristo o della Vergine Maria, in qualche figura di angelo o di santo. Perciò, se venissero apparizioni, prendete l'arma della Scrittura e comportatevi come la madre di Cristo che, all'appari­zione dell'angelo Gabriele, chiese:- Cosa significa questo saluto? - per assicurarvi bene, prima di ascol­tare, se vi trovate innanzi a un buono o a un cattivo spirito. E beata chi farà in questo modo.

È anche necessario fare buona guardia ai propri pensieri, perché, alcune volte, il diavolo mette buone e sante intenzioni nella mente per ingannarla e, poi, spin­gerla alla disobbedienza, che è il contrario della virtù pur nella convinzione di operare il bene, e da qui indur­la nella fossa della disperazione.